17 marzo. Michelina de Cesare e le brigantesse del sud

L’anniversario per i 150 anni dell’unità d’Italia è una festa che non mi riguarda. Non mi sento cittadina di questo paese. Non voglio sentirmi cittadina. Oggi più che mai. Oggi che il concetto di “cittadinanza” è diventato strumento di esclusione, usato per ridurre alle status di “non umano” tutti coloro che non vi sono inclusi- clandestini, rom, carcerati, prostitute, barboni, non conformi- assumendo la funzione di far scomparire nel regno dell’indifferenziato, là dove ogni diritto è sospeso, tanti e tanti esseri umani, ormai solo carne da macello, da sfruttare, buttare via e dimenticare.

Questo paese ci ha abituato alle omissioni, all’occultamento e alla negazione della memoria storica. Periodi dimenticati, distorti, riempiti di false narrazioni sostitutive, prima tra tutte quella degli “italiani brava gente”.

Così è accaduto per l’avventura coloniale in Africa, di cui si sono cancellati gli orrendi crimini di guerra, i villaggi bruciati, l’uso dei gas tossici (proibiti dal trattato di Ginevra nel 1925), 275mila etiopi uccisi, i campi di concentramento con 65mila internati, le popolazioni nomadi deportate in massa.

Il passato non si svela neanche con i cambi di regime. Così dopo il fascismo si rinuncia a guardarsi in faccia, ad una vera elaborazione di ciò che è accaduto, non ci se ne assume la responsabilità collettiva, che viene attribuita unicamente alla Germania nazista: noi, gli italiani, siamo sempre innocenti. E, si sa, le cose sotterrate e rimosse riappaiono sempre, non modificate e incancrenite, nel nascondimento la storia continua e si ripete uguale e immobile, come ci dimostra l’orrore dell’oggi.

Stessa rimozione è avvenuta per gli anni ’70, mai veramente indagati e affrontati nel loro significato storico, ridotti agli “anni di piombo” e alla caccia al “terrorista”, con i colpevoli tutti da una parte, consegnati alla vendetta di Stato, che ancora oggi non si è saziata.

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veronica franco

VERONICA FRANCO (1546-1591)

Nata a Venezia nel 1546, Veronica Franco fu avviata giovanissima alla professione di cortigiana dalla madre, che aveva esercitato la stessa attività.

Donna colta e appassionata, la sua fama di intellettuale fu pari a quella di cortigiana: nel 1580, ad esempio, pubblicò una raccolta di cinquanta Lettere, che Montaigne, durante il suo viaggio in Italia, ricevette in dono.

Nel 1580 fu giudicata dal tribunale del Santo Uffizio per un’accusa di stregoneria, dalla quale si difese abilmente, riuscendo ad ottenere l’assoluzione.

La sua fortuna letteraria continuò anche dopo la morte, avvenuta nel 1591 all’età di 45 anni. Le sue poesie furono incluse, nei secoli successivi, in diverse raccolte di versi e nel Novecento Benedetto Croce fu artefice di una vera e propria riscoperta critica della poetessa veneziana.

Io la amo per i forti sentimenti, la passione, la fierezza, lo spirito indomito

Una buona medicina dopo delusioni amorose.

Terze Rime

Spogliata, e sola, e incauta mi coglieste

Debil d’animo, e in armi non aperta,

e robusto, e armato m’offendeste

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la rivolta è globale

Un  articolo di Valerio Evangelisti da Carmillaonline:

Dal Wisconsin al Nordafrica, passando per l’Europa: rivolta globale contro il neoliberismo

di Valerio Evangelisti

Sono state largamente ignorate, in Italia, le proteste esplose nel Wisconsin e nell’Ohio, dopo la decisione di due governatori reazionari di falcidiare i pubblici impiegati (dagli insegnanti agli infermieri) e di limitare i loro diritti sindacali. Nel Wisconsin, a fronte di provvedimenti che avrebbero condotto al licenziamento di migliaia di lavoratori, e lasciato il singolo senza uno straccio di contratto collettivo solo e inerme davanti al padrone, una folla ha occupato il Campidoglio di Madison, capitale dello Stato, defenestrando di fatto le autorità elette. Uno dei leader storici della sinistra americana, il reverendo Jesse Jackson, ha infiammato con i suoi discorsi decine di migliaia di persone. In Ohio i sindacati hanno radunato folle equivalenti (per tenersi informati, leggere The Nation o Mother Jones, organi storici della sinistra Usa).

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Juana Inès de la Cruz

Juana Inès de la Cruz, letterata e studiosa, nonché maggiore poetessa barocca messicana, nelle sue composizioni coltivò tutti i generi letterari e tutti i tipi di versificazione. Conscia e fiera delle proprie capacità intellettive, suscitò grande ammirazione ma anche sentimenti di astio e inimicizia da parte del clero a causa della particolare vocazione per lo studio, sommata ad una imperdonabile lontananza dalla ricerca di mortificazione e perfezione spirituale.

Nonostante le invidie e le pericolose antipatie. Juana perseguì per tutta la sua esistenza lo scopo vero della sua vita, studiare e comporre versi, contravvenendo alle regole che la morale della chiesa le imponeva. Il suo ardire nel ribellarsi a tali regole scatenò un vero e proprio scontro per stabilire chi dovesse primeggiare. Evidentemente una semplice donna non poteva vincere, era anzi necessario zittirla con una punizione esemplare. Juana doveva tornare sui suoi passi : con l’abiura dovette rinunciare allo studio, alla conoscenza, alla scrittura, alla “vita mondana”, in definitiva alla vita, da quel giorno infatti si dedicò alle consorelle colpite dalla peste, morendo anch’essa contagiata dalla malattia nell’anno 1965.

Questa grande artista, colpevole di aver cercato di definire uno spazio per sé in un mondo culturale coloniale, premoderno, anti-intellettuale e maschile, è considerata da molti la prima femminista della storia americana, è stata eletta a icona di movimenti per la liberazione della donna e le vicissitudini della sua vita-oggetto di una riscoperta avvenuta soprattutto negli anni ’30- hanno ispirato numerose opere letterarie, sceneggiature cinematografiche, testi teatrali. Il ritrovato interesse perla drammatica esistenza della monaca ha certamente a che vedere con le similitudini del “Nuevo Mundo” in cui visse suor Juana con il “Primo Mondo”. Non sembra infatti che gli errori del passato rispetto alle guerre coloniali abbiano insegnato granchè, e anche il ruolo della donna rispetto ai tempi di Juana Inès è certamente migliorato, ma non tanto quanto ci si poteva aspettare, come dimostrano le incessanti violenze e umiliazioni subite da donne di ogni età in svariati contesti (privato, pubblici, politici).

La peor del mundo: così firmò, utilizzando il proprio sangue come inchiostro, la lettera di rinuncia definitiva agli studi, al termine del processo avviato dal vescovo Aguiar y Seijas contro di lei.

La vita e la poesia di Suor Juana Inès del la Cruz, indissolubilmente legate, giungono a noi attraverso i secoli, chiedono di essere lette e narrate. Di rivivere in nuove immagini e nuove forme.

Da “La peor del mundo, Juana Inès de la Cruz, prima femminista d’America”, tesi di laurea di Natasha Czertok in sociologia dell’arte, Università degli studi di Ferrara.