MOSTRA PARTIGIANE

Featured

Aggiornamenti mostra: https://drive.google.com/open?id=1YZvIF9Y0TIrGl16ppQalIvGHAs2xVYzQ
di Rossella Giglietti e Ilda Tassinari

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

AUTOPRODUZIONI

(R)esistenze, autoprodotta da noi donnole anni fa ( grazie a Viola, Checca, Clara, Martina)  e proiettata durante una serata su “Fascismi e Resistenze”, ad accompagnare la nostra mostra sulle donne partigiane.

la resistenza taciuta

Questa mostra nasce dalla lettura di un libro, “La resistenza taciuta, dodici vite di partigiane piemontesi”, di Bruzzone e Farina.
Il libro, uscito nel 1975 e ripubblicato nel 2004,fu un “cult” del movimento femminista degli anni ’70, che rintracciava nell’esperienza di queste donne un antecedente, una linea di discendenza femminile a cui riallacciarsi e con cui confrontarsi.
Partendo da questo libro siamo andate alla ricerca di altre testimonianze e narrazioni di donne attive in quegli anni, per cercare di dare voce a chi ne ha sempre avuta poca: donne, donne che si oppongono, donne del popolo, operaie e contadine.
Se dobbiamo sceglierci delle madri ci piace che siano donne ribelli.
Ci sembra importante e necessario parlare oggi di resistenza. Infatti qui ci troviamo, ancora a resistere, a combattere contro poteri forti, reali e materiali. Le risposte che vanno cercate sono metodi per destrutturare e distruggere questi poteri, metodi che possono essere diversi tra loro ma devono essere efficaci: in questo senso la contrapposizione violenza-non violenza ci appare essere un falso problema. Si sente dire spesso che utilizzare metodi violenti significa diventare come il potere che si combatte. Le storie, i destini, le parole e il sentimento di queste donne sembrano smentirlo: per loro agire è  stata semplicemente una necessità .
Forse è¨ invece il ricercare potere quello che può rendere simili al potere e far ritornare la ruota al punto di partenza”. E tocca purtroppo ancora ribadire che una cosa è “la violenza del carnefice e un’altra quella di chi si ribella alla carneficina.”
Le donne parteciparono in molti modi alla resistenza, dalle partigiane combattenti alle operaie che organizzavano scioperi nelle fabbriche, dalle staffette alle donne che preparavano calzini e cibo per chi combatteva in montagna, da quelle che nascondevano i renitenti a quelle che facevano azioni di sabotaggio e informazione.
Partecipare alla lotta collettiva significò per queste donne la possibilità  di rompere esplicitamente con i modelli femminili imposti dal regime (ma che riproducevano una realtà di lunga durata) di passare alla rivolta aperta, di essere alla pari con gli uomini nella ricerca di una vita nuova. Godere di autonomia di spostamento e azione rappresentò per loro il raggiungimento di uno spazio di libertà  impensabile poco tempo prima. L’esperienza della resistenza, pur tragica, fece scoprire loro la possibilità  di uscire da quei ruoli e spazi in cui le donne erano chiuse, fu l’occasione per instaurare relazioni nuove tra uomini e donne, tra donne e donne.
Le donne furono certamente spinte all’azione dall’odio per l’ingiustizia e il fascismo, dalla lotta di classe, dalla volontà  di farla finita con l’invasione straniera, ma c’era in più un profondo impulso alla liberazione personale. In quel breve periodo tutto cambiava velocemente e la vita si inventava giorno per giorno. La scelta era una scelta di vita, che comportava un capovolgimento di valori. Si poteva credere che quella libertà  femminile avrebbe segnato la nuova societa’  nata dalla lotta.
E invece no, l’incontro dei generi che pareva possibile durante la guerra di liberazione sembra svanire subito dopo. Nel dopoguerra si assiste a una pesante normalizzazione. Da parte delle forze moderate, ma anche da parte della sinistra, partito comunista compreso. La risposta, unitaria, fu l’invito a sacrificarsi, a tirarsi indietro. In realta’ per tutti, ma ancor piu’ per le donne.
Dopo la liberazione queste donne sembrano essere dimenticate, taciute, vita pubblica e vita privata precipitano nella dimenticanza.
‘Alle staffette, nelle sfilate, mettevano la fascia da infermiera.’

…prossimamente in digitale…