veronica franco

VERONICA FRANCO (1546-1591)

Nata a Venezia nel 1546, Veronica Franco fu avviata giovanissima alla professione di cortigiana dalla madre, che aveva esercitato la stessa attività.

Donna colta e appassionata, la sua fama di intellettuale fu pari a quella di cortigiana: nel 1580, ad esempio, pubblicò una raccolta di cinquanta Lettere, che Montaigne, durante il suo viaggio in Italia, ricevette in dono.

Nel 1580 fu giudicata dal tribunale del Santo Uffizio per un’accusa di stregoneria, dalla quale si difese abilmente, riuscendo ad ottenere l’assoluzione.

La sua fortuna letteraria continuò anche dopo la morte, avvenuta nel 1591 all’età di 45 anni. Le sue poesie furono incluse, nei secoli successivi, in diverse raccolte di versi e nel Novecento Benedetto Croce fu artefice di una vera e propria riscoperta critica della poetessa veneziana.

Io la amo per i forti sentimenti, la passione, la fierezza, lo spirito indomito

Una buona medicina dopo delusioni amorose.

Terze Rime

Spogliata, e sola, e incauta mi coglieste

Debil d’animo, e in armi non aperta,

e robusto, e armato m’offendeste

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Pur finalmente s’è stagnato il pianto

E quella piaga aperta s’è saldata,

che dall’un mi passava all’altro canto

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E in man col ferro a esercitarmi appresi

Tanto ch’aver le donne agil nature

Non men che l’uomo, in armeggiando intesi

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Così nei casi avversi i savi fanno

Che’l lor utile espresso al fin cavare

Da quel che nuoce da principio, sanno.

E così ancor le medicine amare

Rendon salute; e l’ferro e l’fuoco s’usa

Le putrefatte piaghe a ben curare:

Benché non serve a voi questa per scusa

che m’offendeste, non già per giovarmi,

e l’fatto stesso parla, e sì v’accusa.

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Quando armate, et esperte ancor siam noi

Render buon conto a ciascun uom potemo

Che mani, e piedi, e core avem qual voi.

Sonetti

Ite, pensier fallaci, e vana speme,

ciechi, ingordi desir, acerbe voglie,

ite sospir ardenti, amare doglie,

compagni sempre alle mie eterne pene.

Ite memorie dolci, aspre catene

Al cor, che alfin da voi pur si discioglie,

e’l fren della ragion tutto raccoglie,

smarrito un tempo, e in libertà pur viene.

E tu, pura alma, in tanti affanni involta,

slegati ormai, e al tuo signor divino

leggiadramente i tuoi pensier rivolta;

sforza animosamente il tuo destino,

e i lacci rompi, e poi leggiadra e sciolta

drizza i tuoi passi a più sicur cammino.