15 ottobre: raccontiamoci!

Mi sembra davvero importante il lavoro che sta facendo femminismoasud sulla giornata del 15 ottobre: delle memorie collettive, dove chi c’era e chi non c’era può raccontare quello che ha vissuto, i suoi pensieri, i suoi dubbi, la sua personale esperienza.

Non un coro univoco, ma tante voci diverse, anche discordanti e contrapposte. Penso sia necessario che ognun* parli partendo da sè, a ricostruire una storia comune, senza rimuovere le diversità. Dobbiamo parlarne noi delle cose che viviamo, non farle raccontare agli altri, a giornalisti venduti,  alla polizia, a  politici più o meno rampanti, ai lacchè dei potenti.

A questo proposito cito da un articolo di Sergio Bianchi e Serge Quadruppani :

“Il senso di questa manifestazione può essere rimesso in discussione solo in quelle menti soggiogate alle immagini dei media dominanti. I manifestanti possono stare tranquilli: è un giogo che tende a scomparire. E la prova sta proprio nella loro presenza nelle strade di Roma. Perché non siamo forse di fronte a quegli stessi media che hanno continuato a ripetere che non c’era altra strada da quella dei diktat dei mercati finanziari? Apparentemente, è la coscienza della propria potenza a mancare di più al movimento in corso. Quando si deciderà a dire ‘ce ne freghiamo dei media dominanti, quello che conta sono i nostri strumenti di comunicazione, sviluppiamoli’, piuttosto che continuare a preoccuparsi della propria ‘buona immagine mediatica’?”

grazie a tutt*, grazie Fika.

Lettera aperta a Concita De Gregorio

sottoscriviamo da Femminismo a Sud:

Gentile direttora De Gregorio,

Il giornale che lei dirige non ci piace molto e a dirla tutta non abbiamo molto in comune neppure con lei.

Abbiamo sempre saputo che il Pd, con la legge Turco/Napolitano che istituiva i Cpt, con i suoi vari rappresentanti schierati contro gli immigrati quando venivano sollevati problemi di “sicurezza”, non ha mai fatto la differenza.

Lo sappiamo perché tanti sono stati i casi in cui sindaci sceriffi targati Pd e varie personalità vicine a quel partito hanno stabilito e applicato nei vari territori ordinanze che non erano diverse da quelle decise da colleghi leghisti.

Per il Pd, come per il centro destra, gli immigrati sono un problema di “ordine pubblico”. Sono immondizia da spazzare via dalle città. Sono persone da rinchiudere come un tempo si faceva con i matti.

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Laboratori aperti al Progetto Conciatori 23 gennaio firenze

Invito a partecipare alla giornata dei:
Laboratori aperti al Progetto Conciatori 23 gennaio in via dei conciatori

Contro la vendita del palazzo di via Conciatori, perchè non diventi uno spazio privato per usi privati

Il 23 gennaio tante persone si incontreranno ancora per mostrare ciò che in quello spazio si potrebbe e si può fare.

Tra le tante iniziative e i tanti laboratori c’è anche quello sul sessismo nel linguaggio dei media.Dalle 16.00.
Chi vuole partecipare è invitat@ a contribuire al laboratorio con ritagli, notizie, titoli, immagini da analizzare.

Spazio bimbi e movimento

10:30 presentazione del corso di qi-gong,
vestirsi comodi (con Anna)

11:00-12:30/ 15:30-17:00
Laboratorio di teatro per bambini (con Caterina)

17:00 “Danzare la vita”
Che cosa accadrebbe se, invece di limitarci
a costruire la nostra esistenza , avessimo la follia o
la saggezza di danzarla (con Manuela)

Spazio Autoproduzioni “Co’le mani”

10:30 Oggetti di pasta vinilica (con Stefania)

11:30 Laboratorio del pane (con Melania)

12:30 presentazione del corso di orticultura pensile

16:00 Fiori secchi, come essiccare e conservare (con Stefania)

17:00 Saponata, erbe e tintura madre (con Anna)

Spazio Riuso e Riciclaggio

11- 18 laboratorio permanente sull’arte del riciclare
per grandi e piccini (rififi e c.r.e.t.e.)

lab. riclo pelle e lab.pirografia su legno, esposizione
oggetti riciclati (riciclo riuso e mercato)

Laboratorio Multimediale

discussioni/interventi:
16:00 “Il sessismo nel linguaggio dei media”
con Enza Panebianco

17:00 “Verso l’insurrezione del cognitariato europeo”
con Franco Berardi

workshop
19:00 i balocchi dei Lep Loop (laboratorio di elettronica popolare-milano)
sintetizzatori, video-mixer DIY

incursioni visive e sonore:
“Spazi docili” Fabrizio Ajello
Transductors Connections

a partire dalle 21:00 suoni elettroautoprodotti con:

Barubiriza (tecno in 3/4 – Nuoro)

Tony Light (Lep Loop – milano)

bar e miseenscene collettivo-ausbahn

“l’aggrego”

11:00 apertura della Caffetteria sociale “L’aggrego”
che ospita per l’occasione una le tavole dei fumetti del
Collettivomensa

La bella vita

per pranzo, merenda e cena ci troviamo al circolo anarchico:
Porta quello che vorresti trovare!!!

sull’autonomia del femminismo arabo

Un articolo di Fatima Mernissi tradotto dal sito mundoarabe.org

SULL’AUTONOMIA DEL FEMMINISMO ARABO

La rivoluzione consiste nel capire il linguaggio estraneo e minaccioso degli altri. “Il femminismo non è nato nei paesi arabi, è un prodotto importato dalle grandi città dell’Occidente”. Questa affermazione si sente spesso in bocca a due gruppi di persone che per il resto non si assomigliano per niente. Da un lato il gruppo dei leader religiosi conservatori arabi e dall’altro quello delle femministe provinciali occidentali, e ciò che questa opinione sottintende è che la donna araba è un essere subumano, sottomesso e mezzo tonto, che è felice nella degradazione organizzata dal patriarcato e nella miseria istituzionalizzata.

Gli interessi occulti che il primo gruppo- i leader religiosi conservatori arabi- nascondono dietro questa visione della donna araba sono facili da capire. L’affermazione stessa contiene il presupposto ideologico chiave, imprescindibile per la sopravvivenza dell’Islam patriarcale. Dai suoi inizi questo si è sentito minacciato dalle femmine arabe ribelli. A me recitavano  piamente passaggi del prestigioso repertorio del hadit di Bukhari, nel quale le donne vengono paragonate al caos sociale e a Shaytan, ogni volta che davo mostra di prendere qualche iniziativa anticonformista, perfino all’età di sei anni.

Nel Corano si trovano due concetti che sono in relazione con gli impulsi sovversivi e i poteri distruttivi delle donne: nushuz e qaid. Entrambi si riferiscono alla tendenza delle donne a essere cittadine poco cooperative e affidabili della umma, o comunità musulmana. Nushuz si riferisce specificatamente alle tendenze ribelli della moglie nei confronti del marito in un ambito nel quale l’obbedienza femminile è vitale: la sessualità. Nel Corano è nushuz la decisione della moglie di non soddisfare il desiderio di avere relazioni sessuali del marito. Qaid è la parola chiave della Sura di Josè, nella quale il detto profeta è perseguitato da una moglie adultera caparbia e senza scrupoli.

Come possiamo verificare la tendenza sovversiva delle donne è già riconosciuta dal Corano nel secolo VII, ma il leader arabi odierni si sorprendono e pontificano contro le idee distruttive importate dall’Occidente ogni volta che nutrono sospetti sul fatto che le donne arabe possano ribellarsi. L’atteggiamento di questi uomini è comprensibile: se riconoscessero che la resistenza delle donne è un fenomeno autoctono dell’Islam, dovrebbero riconoscere che l’aggressione contro il loro sistema non viene solo da Washington e Parigi, ma anche dalle donne che abbracciano ogni notte, e chi vuole vivere con questo pensiero?

Come i testi sacri delle altre grandi religioni monoteiste- l’ebraismo e il cristianesimo- che l’Islam rivendica come propria fonte e riferimento, il Corano contiene gli archetipi delle relazioni gerarchiche e della diseguaglianza sessuale. Questi modelli si sono riaffermati nel corso di quattordici secoli, grazie a diverse ulteriori circostanze, come per esempio il potere il potere politico ed economico dell’età dell’oro del trionfo musulmano, quando nacque il concetto delle dshawari, le deliziose schiave del piacere, colte e piene di talento. Sono l’archetipo prefabbricato con le donne arabe e musulmane devono fare i conti. Le dshawari, che erano solitamente doni (e bustarelle e ricompense) a uomini influenti, erano la versione laica della hurì, che il Corano descrive come creatura femminile, eternamente vergine, affettuosa e bella, che viene offerta come ricompensa ai credenti devoti quando arrivano in paradiso. Ai devoti di sesso maschile, ben inteso. Questi modelli sacri e laici di donna hanno avuto una enorme incidenza nella creazione e nel mantenimento dei ruoli sessuali nella civilizzazione musulmana. Perciò, perchè le donne arabe non dovrebbero ribellarsi?

Dopo tutto, anche se molti uomini arabi e quasi tutti i turisti hanno una immagine romantica della donna araba, la sua vita reale non assomiglia affatto a quella delle Mille e una notte. La maggioranza delle donne marocchine svolge molti lavori essenziali, ma spesso non riconosciuti, come tessere tappeti, montare collane, intrecciare il cuoio e cucire, oltre a lavorare nell’agricoltura, nella enorme amministrazione burocratica, nell’industria leggera e naturalmente nel settore dei servizi, oltre a pulire, cucinare e aver cura dei bambini.

Senza dubbio la colonizzazione ha svalutato il lavoro delle donne ancor più dei sistemi patriarcale autoctoni: da un lato a causa della perdita di prestigio del lavoro manuale in generale per l’affermarsi delle conoscenze tecniche e in particolare per la svalutazione del lavoro domestico all’interno del mondo capitalista, che non lo considera un lavoro produttivo e non lo include neanche nei bilanci nazionali.

La creazione di nazioni indipendenti è stato un fattore importante nell’innalzare le aspettative delle donne, nonostante siano state tradite molte volte e con conseguenze tragiche, per esempio in Algeria. La donna dell’Africa del Nord sogna oggi di ottenere un impiego fisso in qualche istituzione statale, un salario e una sicurezza sociale che copra l’assistenza medica e il pensionamento. Le donne non contano più sull’uomo per il loro sostentamento, ma sullo Stato. Anche se forse neanche questo è l’ideale, per lo meno è un passo avanti, una liberazione dalla tradizione. Inoltre, grazie a questo, le donne marocchine partecipano attivamente al processo di urbanizzazione. Abbandonano le aree rurali in una percentuale paragonabile a quella della migrazione maschile, in cerca di una vita migliore sia nelle città arabe che in quelle europee. Secondo un recente studio la percentuale di donne che lavorano fuori del paese è il 40%,.

Inoltre, in alcune professioni la percentuale di presenza femminile inizia ad essere notevole se si tiene conto che fino alla Seconda guerra Mondiale le donne marocchine vivevano recluse nelle proprie case, senza poter andare a scuola o competere per un titolo o un impiego, né nel settore pubblico né in quello privato. Il loro contributo all’agricoltura, all’artigianato e al settore dei servizi si sviluppava negli spazi tradizionali e poteva essere ignorato perchè considerato lavoro domestico. Le donne contribuivano come mogli, madri, figlie, zie…ma non come donne in sé.

Negli anni quaranta e cinquanta le donne marocchine pensavano ancora che il lavoro domestico fosse il loro destino, ma oggi le donne giovani vogliono avere istruzione e lavoro. Questo è ancora molto difficile da ottenere. Nell’amministrazione e nell’industria le donne possono aspirare a un impiego soltanto se hanno due anni o più di istruzione secondaria, e anche in questo caso solo dopo essersi qualificate come segretarie. Nel 1982 le femmine erano solo il 37% degli alunni della scuola primaria, il 38,1% della scuola secondaria e il 26,3% degli studenti universitari.

Nelle elezioni del 1977, tre milioni di donne andarono alle urne. Di 906 candidati al parlamento otto erano donne e nessuna fu eletta. Il nostro parlamento attualmente è composto esclusivamente da uomini. Tuttavia ormai quasi la metà dell’elettorato è composto da donne. E questo è quello che conta per i partiti politici, che ora competono per manipolare e guadagnare i voti delle donne. In queste settimane di campagna elettorale le donne marocchine hanno la sensazione di vivere in un altro pianeta, nel quale i politici, solitamente indifferenti alle necessità delle donne, cercano di trovare un linguaggio che esse comprendano e si rivolgono perfino direttamente a loro. È chiaro che per trovare un linguaggio adeguato dovrebbero fare miracoli, perchè dovrebbero rinunciare ai loro pregiudizi ancestrali. Dovrebbero superare le loro idee stereotipate di femminile-passivo e aprire gli occhi sulla realtà delle donne marocchine, le cui preoccupazioni principali- per quanto gli resti difficile crederlo- non sono i cosmetici, il velo o la danza del ventre, ma le pari opportunità nell’istruzione, nel lavoro, nella promozione dei loro interessi,ecc.

Per tutto questo, il fatto che alcune femministe occidentali vedano le donne arabe come schiave servili e obbedienti, incapaci di prendere coscienza o di sviluppare proprie idee rivoluzionarie, che non seguano il dettato delle donne del mondo più liberate (di New York, Parigi, Londra), a prima vista sembra più difficile da capire che un atteggiamento simile da parte dei patriarchi arabi. Ma se ci si domanda molto seriamente (come io ho fatto molte volte) perchè una femminista americana o francese crede che io non sia preparata come lei nel riconoscere gli schemi di degrado patriarcale, si scopre che questo la colloca in una posizione di potere: lei è la leader e io la seguace. Lei, che vuole cambiare il sistema in modo che la situazione delle donne sia più egualitaria, nonostante questo (nel più profondo del suo retaggio ideologico sublimale) mantiene l’istinto deformante, razzista e imperialista degli uomini occidentali. Perfino davanti a una donna araba con qualifiche, conoscenze ed esperienze simili alle sue, riproduce inconsciamente gli schemi coloniali di supremazia.

Quando incontro una femminista occidentale che crede che io debba esserle grata per la mia evoluzione nel femminismo, non mi preoccupa tanto il futuro della solidarietà internazionale delle donne, quanto la capacità del femminismo occidentale di creare movimenti sociali popolari che ottengano un cambiamento strutturale nelle capitali mondiali dei propri imperi industriali. Una donna che si considera femminista, invece di vantarsi della sua superiorità rispetto alle donne di altre culture e di aver preso coscienza della propria situazione, dovrebbe chiedersi se è capace di condividere questo con le donne delle altre classi sociali della sua cultura. La solidarietà delle donne sarà globale quando saranno eliminate le barriere tra classi e culture.

Abc della femminista teknologica

Abc della femminista teknologica

nonnetek

Per farvi raccapezzare e per farvi scorrere il testo solo se c’e’ qualcosa che vi interessa vi anticipo un Indice degli argomenti trattati:

Intro | Mezzi di comunicazione | Le donne e il computer | I blog | Gli spazi liberati (e il triste mondo della rete assoggettato a google)
| La mailing list | Fare mailing list | Fare blog

Ovviamente vi consiglio di leggere tutto perchè la suddivisione in paragrafi in realtà è speculare ad un unico filo conduttore. Tutto il testo (che è da integrare, arricchire e quindi consideratelo una versione 1.0 di qualunque scrittura di codice) parla di come fare comunicazione, di una etica femminista possibile nella comunicazione teknologica, di quello che non va’ nella rete e nella comunicazione attuale. Se vi piace, buona lettura:

Intro

– Il pensiero femminista che non si serve di mezzi di comunicazione resta solo nella nostra testa.
– Il mezzo di comunicazione che vi apre la porta per poter raggiungere tante persone contemporaneamente, ovunque esse si trovino, con poca spesa, è il web.
– Lo strumento per arrivarci è: il computer!

Il computer non è una macchina infernale: è solo un elettrodomestico.

– Come tutti gli elettrodomestici il computer ha un tasto On/Off e voi lo userete per quello che vi è utile fare.
– Come una lavatrice il computer si serve di un programma di gestione o sistema operativo.
– Il sistema operativo più comunemente usato è Windows.
– Il computer più spesso vi serve per: scrivere testi, ricevere e mandare mail, viaggiare su internet.
– Per scrivere testi generalmente usate file in word.
– Per ricevere e mandare mail generalmente usate microsoft outlook o outlook express.
– Per viaggiare su internet generalmente usate Internet Explorer.

Windows, word, outlook, internet explorer non sono gli unici programmi per poter raggiungere gli stessi scopi. Si tratta infatti di un sistema operativo e di software proprietari il cui utilizzo viene imposto e viene da voi pagato. Esistono programmi free, gratuiti e in condivisione che potete scaricare liberamente dalla rete e installare sul vostro computer senza nessuna spesa. Continue reading