toscana noCIE

Sabato 26 giugno ore 17.30 c/o Centro culturale «Pablo Neruda»

via Stradella 57d, Ronchi, Marina di Massa (MS)

EMAIL: centroneruda@virgilio.it

Sorvegliare (identificare) e punire

Carceri e cpt/cie: luoghi di reclusione sociale

Presentazione a Massa della campagna

“TOSCANA NO CIE”

Saranno presenti compagni/e del comitato regionale Primomaggio, foglio per il collegamento tra lavoratori, precari, disoccupati

Coordinamento migranti toscana del nord

WEB: http://xoomer.virgilio.it/pmweb

Da Conosci i tuoi diritti. Piccolo manuale di orientamenti per lavoratori e lavoratrici migranti

“I Centri di Permanenza Temporanea (CPT) sono stati istituiti su disposizione dell’art. 12 della legge 6 marzo 1998 Turco-Napolitano sull’immigrazione (L.40/1998), dal governo di centro-sinistra guidato da Romano Prodi. “Con il decreto legge n. 92 del 23 maggio 2008 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”, poi convertito in legge (L.125/2008) i Centri di Permanenza Temporanea vengono rinominati in “Centri di identificazione ed espulsione” (CIE)”.

Gli stranieri rinchiusi nei CIE sono sottoposti ad una condizione giuridica che viene spesso chiamata di detenzione amministrativa; infatti, le persone vengono private della libertà personale pur avendo violato solo una disposizione amministrativa (come trovarsi senza un documento d’identità o senza il permesso di soggiorno) e questo non dovrebbe comportare alcun tipo di reclusione.

Agli immigrati rinchiusi nei CIE vengono negati diritti garantiti agli altri cittadini perché, formalmente, vengono “solo” trattenuti o ospitati, ma in realtà è impedito loro di ricevere visite o di far valere il proprio diritto alla difesa legale.

Ovviamente i CPT non sono un fenomeno esclusivamente italiano, ma sono presenti in tutti gli Stati dell’Unione Europea, essendo il risultato della politica comunitaria sull’immigrazione sancita dagli accordi di Schengen del 1995”.

“Sorveglianza, esercizio, manovre, annotazioni, file e posti, classificazioni, esami, registrazioni. Tutto un sistema per assoggettare i corpi, per dominare le molteplicità umane e manipolare le loro forze, si era sviluppato nel corso dei secoli classici negli ospedali, nell’esercito, nelle scuole, nei collegi, nelle fabbriche: la disciplina” (Micheal Foucault, Sorvegliare e punire).

Un tempo la violenza materiale e culturale con cui quella disciplina ci veniva imposta la sentivamo sulla nostra pelle e ci spingeva alla ribellione. Quella disciplina a cui eravamo costretti poteva diventare auto-disciplina, forza, organizzazione, identità, necessità di trasformazione, volontà di riconquista della nostra umanità.

Eravamo sfruttati, ma non eravamo sottomessi.

Oggi siamo ancora sfruttati, ma possiamo dire non essere anche sottomessi, anzitutto alla paura e all’angoscia che ci vengono instillate giorno dopo giorno?

Per vincere le nostre paure non basteranno tutti i gendarmi di questo mondo appostati ad ogni angolo delle nostre strade. Non basteranno tutti i nemici che la nostra fantasia autolesionista riuscirà ad immaginare.

La “nazione guida” del mondo capitalistico, gli Stati Uniti, è la nazione che mostra la strada alle altre. Guardando gli Stati Uniti oggi vediamo come saremo noi domani.

“L’epoca della “deregulation” e dello smantellamento del welfare state ha coinciso con l’aumento della criminalità, il rafforzamento della polizia e la crescita della popolazione carceraria. Ed è stata inoltre quella in cui si è riservato fatalmente un destino sempre più crudele e spietato a chi veniva definito criminale, per placare le ansie, l’insofferenza, l’incertezza e la collera della maggioranza, silenziosa o rumorosa, dei consumatori più fortunati. Quanto più potenti divenivano i «demoni interiori», tanto più insaziabile era il suo desiderio di fare giustizia e punire i delinquenti. Il progressista Bill Clinton vinse le elezioni promettendo di rinfoltire i ranghi delle forze dell’ordine e di costruire nuove prigioni più sicure. Alcuni osservatori (fra i quali Peter Linebaugh dell’università di Toledo, nell’Ohio, autore di “The London Hanged”) sono convinti che egli arrivò alla Casa Bianca grazie all’esecuzione capitale, ampiamente pubblicizzata, di un ritardato mentale, Ricky Ray Rector, da lui decisa quando era governatore dell’Arkansas. Due anni dopo, i suoi avversari dell’estrema destra del Partito Repubblicano fecero il pieno di voti, alle elezioni di mezzo termine per il rinnovo del Congresso, accusandolo di non aver fatto abbastanza per combattere la criminalità e assicurando un maggiore impegno in questo senso. Clinton vinse il suo secondo mandato presidenziale dopo una campagna in cui entrambi i candidati fecero a gara nel promettere un rafforzamento della polizia e nessuna pietà per tutti coloro che «offendevano i valori della società pur continuando a restarne aggrappati», ovvero che vorrebbero godere del benessere generale senza adeguate credenziali e senza contribuire allo sviluppo della società dei consumi”. (Zygmunt Bauman, Lavoro, consumismo e nuove povertà).

I CPT/CIE sono carceri. Carceri “di transito” dove ad essere punito è il reato di “clandestinità”. Con la crisi economica in atto i posti di lavoro diminuiscono ogni giorno e ad essere colpiti sono innanzitutto i paesi più poveri e i precari e gli immigrati nei paesi più ricchi. Con la crisi, dunque, aumenteranno anche i “clandestini”, sia perché nuove persone lasceranno il proprio paese in cerca di fortuna, sia perché molti lavoratori non riusciranno più ad avere quel pezzo di carta che si chiama “permesso di soggiorno”, legato all’obbligo di essere sfruttati.

Il nostro civile e democratico paese non accetta persone che non siano utili ad un qualche padrone. Chi non serve ad un padrone viene prima escluso e prima o poi recluso di modo che gli effetti sociali del capitalismo vengano rimossi e nascosti ai nostri occhi.

E’ questo il mondo che vogliamo? Un mondo in cui ciascuno di noi resta prigioniero delle proprie paure? Un mondo in cui ogni anomalia deve essere almeno occultata visto non può essere eliminata? Se è questo il mondo che vogliamo, allora sì, sorvegliare, identificare e punire è la soluzione.

Altrimenti no. C’è anche la possibilità di affrontare e sconfiggere le nostre paure, di affrontare e sconfiggere chi ce le costruisce dentro. Di alzare la testa non in quanto astratti “esseri umani” (lo sono anche i nostri sfruttatori), ma in quanto sfruttati che lottano per sopravvivere, certo, ma anche a soprattutto per non essere più tali.

“Sorveglianza, esercizio, manovre, annotazioni, file e posti, classificazioni, esami, registrazioni. Tutto un sistema per assoggettare i corpi, per dominare le molteplicità umane e manipolare le loro forze, si era sviluppato nel corso dei secoli classici negli ospedali, nell’esercito, nelle scuole, nei collegi, nelle fabbriche: la disciplina” (Micheal Foucault, Sorvegliare e punire).

Un tempo la violenza materiale e culturale con cui quella disciplina ci veniva imposta la sentivamo sulla nostra pelle e ci spingeva alla ribellione. Quella disciplina a cui eravamo costretti poteva diventare auto-disciplina, forza, organizzazione, identità, necessità di trasformazione, volontà di riconquista della nostra umanità.

Eravamo sfruttati, ma non eravamo sottomessi.

Oggi siamo ancora sfruttati, ma possiamo dire non essere anche sottomessi, anzitutto alla paura e all’angoscia che ci vengono instillate giorno dopo giorno?

Per vincere le nostre paure non basteranno tutti i gendarmi di questo mondo appostati ad ogni angolo delle nostre strade. Non basteranno tutti i nemici che la nostra fantasia autolesionista riuscirà ad immaginare.

La “nazione guida” del mondo capitalistico, gli Stati Uniti, è la nazione che mostra la strada alle altre. Guardando gli Stati Uniti oggi vediamo come saremo noi domani.

“L’epoca della “deregulation” e dello smantellamento del welfare state ha coinciso con l’aumento della criminalità, il rafforzamento della polizia e la crescita della popolazione carceraria. Ed è stata inoltre quella in cui si è riservato fatalmente un destino sempre più crudele e spietato a chi veniva definito criminale, per placare le ansie, l’insofferenza, l’incertezza e la collera della maggioranza, silenziosa o rumorosa, dei consumatori più fortunati. Quanto più potenti divenivano i «demoni interiori», tanto più insaziabile era il suo desiderio di fare giustizia e punire i delinquenti. Il progressista Bill Clinton vinse le elezioni promettendo di rinfoltire i ranghi delle forze dell’ordine e di costruire nuove prigioni più sicure. Alcuni osservatori (fra i quali Peter Linebaugh dell’università di Toledo, nell’Ohio, autore di “The London Hanged”) sono convinti che egli arrivò alla Casa Bianca grazie all’esecuzione capitale, ampiamente pubblicizzata, di un ritardato mentale, Ricky Ray Rector, da lui decisa quando era governatore dell’Arkansas. Due anni dopo, i suoi avversari dell’estrema destra del Partito Repubblicano fecero il pieno di voti, alle elezioni di mezzo termine per il rinnovo del Congresso, accusandolo di non aver fatto abbastanza per combattere la criminalità e assicurando un maggiore impegno in questo senso. Clinton vinse il suo secondo mandato presidenziale dopo una campagna in cui entrambi i candidati fecero a gara nel promettere un rafforzamento della polizia e nessuna pietà per tutti coloro che «offendevano i valori della società pur continuando a restarne aggrappati», ovvero che vorrebbero godere del benessere generale senza adeguate credenziali e senza contribuire allo sviluppo della società dei consumi”. (Zygmunt Bauman, Lavoro, consumismo e nuove povertà).

I CPT/CIE sono carceri. Carceri “di transito” dove ad essere punito è il reato di “clandestinità”. Con la crisi economica in atto i posti di lavoro diminuiscono ogni giorno e ad essere colpiti sono innanzitutto i paesi più poveri e i precari e gli immigrati nei paesi più ricchi. Con la crisi, dunque, aumenteranno anche i “clandestini”, sia perché nuove persone lasceranno il proprio paese in cerca di fortuna, sia perché molti lavoratori non riusciranno più ad avere quel pezzo di carta che si chiama “permesso di soggiorno”, legato all’obbligo di essere sfruttati.

Il nostro civile e democratico paese non accetta persone che non siano utili ad un qualche padrone. Chi non serve ad un padrone viene prima escluso e prima o poi recluso di modo che gli effetti sociali del capitalismo vengano rimossi e nascosti ai nostri occhi.

E’ questo il mondo che vogliamo? Un mondo in cui ciascuno di noi resta prigioniero delle proprie paure? Un mondo in cui ogni anomalia deve essere almeno occultata visto non può essere eliminata? Se è questo il mondo che vogliamo, allora sì, sorvegliare, identificare e punire è la soluzione.

Altrimenti no. C’è anche la possibilità di affrontare e sconfiggere le nostre paure, di affrontare e sconfiggere chi ce le costruisce dentro. Di alzare la testa non in quanto astratti “esseri umani” (lo sono anche i nostri sfruttatori), ma in quanto sfruttati che lottano per sopravvivere, certo, ma anche a soprattutto per non essere più tali.