Ciudad Juarez: assassinata Marisela Escobedo Ortiz

Quello che accade a Ciudad Juarez, Chihuahua, Mexico, è ormai noto

Giovani donne, ragazze povere che lavorano sfruttate nelle maquilas, bambine, da anni spariscono e vengono ritrovate cadaveri, seppellite nel deserto. Gli assassini impuniti. Tutto con la complicità e la copertura delle istituzioni.

Rubí Marisol Frayre Escobedo aveva 14 anni quando si innamorò di Sergio Barraza Bocanegra. , un uomo che poi la costrinse ad una vita di paura e di violenza, allontanandola dalle sue amicizie e dalla sua famiglia. Il 28 agosto del 2008 l’uomo la assassinò, la bruciò e la gettò in una discarica. Rubi aveva 16 anni.

Nonostante l’assassino abbia confessato ( e successivamente ritrattato), indicando il luogo esatto in cui buttò il corpo della sua vittima e chiedendo perdono, i giudici lo hanno assolto.

La madre di Rubi, Marisela Escobedo Ortiz, da allora non ha smesso di manifestare e lottare chiedendo giustizia per la figlia e per tutte le altre vittime di femminicidio (ogni giorno del 2010 una ragazza è stata assassinata nello stato di Chihuahua).

E mentre stava protestando davanti al palazzo del governo Marisela è stata a sua volta uccisa: una vera esecuzione, un colpo di pistola alla nuca. Uccisa perchè chiedeva giustizia.

La sera del 7 dicembre, in una intervista aveva dichiarato: “Se vogliono farmi fuori che lo facciano qui davanti. Sarà una vergogna per il governo”.

Le organizzazioni di donne che da anni lottano contro i femminicidi, contro uno stato che continua a coprire gli assassini parlano di “incapacità e disprezzo del governo federale e del governo statale” di fronte alle uccisioni di donne e di “crimine di stato”, denunciano “il disinteresse da parte di chi dovrebbe trovare una soluzione alla violenza, chiunque può commettere questo tipo di crimine nella piena impunità”, promettono che nonostante l’assassinio di Marisela sia un chiaro avvertimento  rivolto anche a loro, non si fermeranno: “la morte della nostra compagna ci addolora profondamente, ma nello stesso tempo ci spinge a lavorare con più forza per ottenere i nostri obiettivi, che erano i suoi”.

Manifestazioni sono state organizzate a Città del Messico e nello stato di Chihuahua.

TUTTA LA NOSTRA SOLIDARIETA’ ALLE SORELLE MESSICANE.

Senza dimenticare che la violenza contro le donne non è un fatto di razza o di nazione, non è un problema degli “altri”.

Senza dimenticare i  femminicidi nel nostro paese.

Ciudad Juarez

Ciudad Juárez è una città di frontiera che conta circa un milione e mezzo di abitanti ed è

situata in una regione desertica dello stato di Chihuahua al confine con gli Stati Uniti, a

quattro chilometri da El Paso, Texas.

Ciudad Juárez attira le popolazioni povere degli stati dell’interno che arrivano a centinaia ogni mese alla ricercadi un lavoro o per tentare di attraversare il confine.                                                                                                                                     Nel 2003, c’erano 269 maquiladoras ( Una maquila, in Messico, è un impresa, solitamente a capitale interamente straniero, che contratta manodopera locale e non è soggetta pagamento delle imposte) e 197000 lavoratori e lavoratrici. Secondo le statistiche ufficiali nello stato di Chihuahua, le donne occupano il 48,3% dei posti di lavoro disponibili e hanno in media tra i 20 e i 22 anni ma si trovano anche delle minorenni.


I salari nelle maquiladoras non superano in media i 4$ US al giorno per dieci ore di lavoro. Nel 2003, il 18% della popolazione viveva nella povertà più estrema, il 22% non aveva un servizio d’acquedotto e il 14% viveva senza acqua potabile. I nuovi arrivati si ammassano nelle bidonvilles costruite nella periferia della città, istallandosi su terreni incolti che appartengono spesso a grandi proprietari terrieri.

A Juàrez sono presenti più di 500 bande di strada che si dedicano ad attività criminali di ogni genere e spesso impongono ai nuovi membri lo stupro di una giovane ragazza per essere ammessi nel gruppo.

In questa città, in cui il predominio maschile caratterizza ogni livello dell’organizzazione sociale, la violenza verso le donne si esprime tanto nell’ambiente domestico quanto in quello lavorativo.

Nel solo 2001, sono state presentate 4 540 denunce per stupro (12 al giorno). Ugualmente, le molestie sessuali e le minacce di licenziamento da parte dei supervisori e dei proprietari delle maquiladoras alle donne che rifiutano le loro avances sono un fenomeno corrente.

A Ciudad Juárez, su dieci persone assassinate quattro sono donne.

E’ dal 1994 che inizia una lunga lista di giovani donne stuprate ed uccise, scomparse, i corpi ritrovati nel  deserto, o meglio i resti, i pochi testimoni fatti fuori, gli avvocati difensori accidentalmente investiti in incidenti stradali. E la polizia che le dava per scomparse, per poco di buono che se l’erano cercata.

Da allora questa strage non si è più fermata, il termine giusto per indicarla è FEMMINICIDIO.

E in un posto come Ciudad Juarez, in cui la vita non è un bene prezioso ma una mercanzia che può essere facilmente rimpiazzata da altra manodopera economica, la vita di una donna povera, che non conosce i suoi diritti, non vale nulla.

Diverse testimonianze indicano che gli assassini sarebbero stati protetti dai poliziotti di Chihuahua e avrebbero beneficiato di appoggi negli ambienti del potere legati al traffico di droga. Alla fine del 1999, alcuni cadaveri di donne e bambine furono ritrovati vicino ai ranch di proprietà di trafficanti di cocaina. Tale coincidenza sembrava stabilire un legame tra gli omicidi e la mafia del narcotraffico, a sua volta legata alla polizia e ai militari. Ma le autorità rifiutarono di seguire questa pista.

La strategia dei diversi governatori per «risolvere» gli assassinii seriali di donne a Ciudad Juárez ha portato a una sequela di manipolazioni e dissimulazioni, che in sostanza incolpavano degli innocenti. Un’altra strategia utilizzata è stata l’eliminazione di chi prendeva le difese dei falsi colpevoli. Diversi avvocati e talvolta i loro familiari, sono stati assassinati o hanno subito attentati, numerosi giudici, procuratori, giornalisti hanno ricevuto minacce di morte per costringerli ad abbandonare le inchieste sugli omicidi delle donne.

Molte testimonianze dimostrano che alcuni omicidi di donne sono commessi durante orge sessuali da uno o più gruppi di individui, fra cui alcuni assassini protetti da funzionari di diversi corpi di polizia, in combutta con personaggi altolocati, a capo di fortune acquisite per lo più illegalmente, grazie alla droga e al contrabbando, e la cui rete d’influenza si estende come una piovra da un capo all’altro del paese. Per questo motivo questi crimini efferati godono della più completa impunità.

Le donne si sono organizzate per difendersi e per difendere le proprie figlie.

Nuestras Hijas de Regreso a Casa è un’organizzazione costituita da familiari ed amici vicini alle giovani assassinate e desaparecidas. La sua nascita risale al febbraio 2001.

Noi famiglie  che facciamo parte di questo movimento abbiamo trasformato in forza il nostro dolore, avendo dovuto affrontare, dopo il brutale assassinio delle nostre figlie, l’inettitudine, l’intransigenza, l’occultamento, la corruzione e il più indifferente atteggiamento di funzionari e autorità.

E’ cosi che abbiamo dato inizio alla nostra organizzazione: trasformando questa indignazione, questo dolore, questo coraggio in una forza che ci ha permesso di sopportare tutto l’apparato burocratico e di poter affrontare i dipendenti corrotti e inefficaci, i funzionari complici e l’impunità del potere politico ed economico.

Chi siamo?

Siamo donne umili che viviamo nei quartieri popolari di Ciudad Juarez e Chihuahua; usiamo il trasporto pubblico; siamo lavoratrici che percepiamo meno del salario minimo; la maggioranza ha fatto solo le elementari.

Siamo madri di giovani desaparecidas; alcune di noi hanno finalmente trovato le loro figlie, violentate, assassinate e buttate da qualche parte, altre continuano a cercarle.

Oggi ci uniamo nella sofferenza di averle perse o nell’ansia di non saperne niente.

Le nostre figlie, le desaparecidas, sono prigioniere da qualche parte, correndo grave pericolo.

Le nostre figlie morte, cercavano di essere felici, avevano sogni, progetti, che furono interrotti dagli assassini.

Abbiamo sofferto tutte lo stesso calvario, la desaparariciòn, il dolore e l’ansia di perdere una figlia, a cui dobbiamo aggiungere il maltrattamento che abbiamo subito dalle autorità investigative.

Quando abbiamo voluto denunciare e organizzarci le autorità ci hanno minacciato. Hanno tentato di comprare il nostro silenzio offrendoci denaro. Le persone che si avvicinano e lottano con noi vengono minacciate. Siamo stanche della persecuzione della polizia investigativa.

Abbiamo deciso di lottare, ci organizziamo per esigere giustizia, vogliamo rompere le barriere, non taceremo.

VOGLIAMO GIUSTIZIA PER LE NOSTRE FIGLIE, PER LE SCOMPARSE, PER LE MORTE, ESIGIAMO GIUSTIZIA.

(“Justicia para nuestras hijas”, organizzazione di madri e familiari.)

L’11 dicembre 2009, la Corte Interamericana dei Diritti Umani, composta da sei magistrati e inserita nel sistema dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), ha condannato lo Stato messicano per avere violato il diritto alla vita, all’integrità fisica e alla libertà persomale dato che non ha indagato adeguatamente ed ha discriminato i diritti di 3 vittime d’omicidio, Esmeralda Herrera, 15 anni all’epoca dell’assassinio, Claudia Gonzalez, di 20, e Berenice Ramos di 17, e dei loro familiari.

La sentenza dell’11 dicembre è inappellabile e riguarda appunto i casi citati di “femminicidio” che risalgono al novembre del 2001 quando insieme alle tre vittime furono ritrovati altri 5 corpi nel terreno conosciuto come “campo algodonero” (campo di cotone). Si può trovare il testo integrale della sentenza alla pagina www.corteidh.or.cr.

qui si trova un video sui femminicidi a Ciudad Juarez e in tutto il confine messicano con gli Stati Uniti, è sottotitolato in italiano

MA QUANTE DONNE NEL MONDO VENGONO UCCISE PER IL PROPRIO SESSO, PERCHE’ NON SONO QUELLO CHE LA SOCIETA’ VORREBBE CHE FOSSERO, PERCHE’ RECLAMANO I PROPRI DIRITTI?