Ferragosto: la tratta non va in vacanza

DONNE ITALIANE, SE A FERRAGOSTO IL CELLULARE DI VOSTRO MARITO SUONA, E’ UNA DI NOI, NIGERIANA, VITTIMA DELLA TRATTA A CHIAMARE… LUI E’ UNO DEI NOSTRI CLIENTI….

Oggi, 15 agosto 2010, noi, nigeriane, vittime della tratta, clandestine, prostitute, ricordiamo che LA TRATTA NON VA IN VACANZA

Siamo in balia di almeno 10 mila maman che vivono in Italia e prendono i nostri soldi; loro non sono clandestine, non si prostituiscono. Un tempo erano come noi, ma ora no…Legate fra di loro, mettono insieme ingenti somme di denaro. Non è difficile: noi paghiamo a loro 50-60 mila euro e anche di più.

Noi rischiamo il fermo, l’arresto, l’invio in un CIE, il rimpatrio, loro NO, loro sono libere e se qualcuna di noi le denuncia, loro se la cavano in fretta. Anzitutto perché sono legali, sono italiane, al massimo sono considerate colpevoli di favorire la nostra clandestinità, ma quanto a sfruttarci… …dicono che ci lasciano in mano parte dei nostri guadagni e si prendono solo i soldi per l’affitto, la luce, il gas, le spese di condominio.

Ognuna di loro ha tante donne e uomini che le aiutano e vivono alle nostre spalle. Le associazioni e le comunità del nostro paese sanno tutto, ma non dicono e non fanno niente. Neanche i pastori delle chiese nere fanno qualcosa, anzi, molti aiutano le maman.

E così anche oggi, per noi, è una giornata di “lavoro”. Sì perché alla fin fine siamo considerate e diventiamo soltanto delle prostitute. Ce n’è poco di “lavoro” in giro: oggi i bravi maschi italiani sono in ferie con le loro famiglie e con i loro figli. Dieci milioni di clienti in giro per l’Italia…c’è la crisi, ma loro vanno in vacanza lo stesso.

I più assidui sono passati da noi qualche giorno fa e ci hanno lasciato qualche soldo, chi venti, chi 25 euro, qualcuno addirittura 50 euro, per il nostro “ferragosto”…così facciamo festa anche noi, magari un gelato, poi da lunedì torna tutto come prima.

Ma oggi noi li chiameremo ad uno ad uno questi nostri “clienti”…giusto uno squillo, tanto perché le loro mogli possano interrogarsi e chiedere “ma chi è che disturba anche oggi” e i mariti siano costretti a far finta di niente. E se qualche donna vorrà verificare il numero che ha chiamato, beh quello sarà il nostro “numero verde”, il numero di “Joy”, l’amore mio, la bellissima, la fighetta nera dei loro mariti. Siamo comunque qui, anche oggi in strada o nelle case, a disposizione dei maschi più disperati e soli e degli stranieri senza famiglia.

Oggi noi chiameremo al telefono anche tutti i numeri che ci sono stati dati dalle unità di strada, dagli operatori, dai clienti, dai preti, da persone di buona volontà con il suggerimento “chiama qui, vedrai che ti aiutano”…Non ci risponderà nessuno. Oggi, Ferragosto 2010, anche se la tratta non va in ferie, ma gli italiani si, e anche le loro associazioni contro i trafficanti e i mafiosi.

Speriamo, allora, che i giornali, le radio, le tv… trasformino questo nostro testo di protesta in una notizia di cronaca di questo Ferragosto italiano 2010.

Associazione vittime ed ex vittime della tratta – Progetto la ragazza di Benin City – La strada delle Rose

Ci spiegano gli uomini di maschileplurale che:

Il Progetto “La ragazza di Benin City” è un esempio unico al mondo di riscatto umano, politico, sociale e culturale. Nelle sue articolazioni mette insieme uomini che sono o sono stati clienti di prostitute e donne prevalentemente immigrate che sono o sono state vittime della tratta.

E’ l’esempio reale di come dai bassifondi più oscuri della cultura patriarcale sia possibile per gli uomini mettersi in discussione, trasformare se stessi e la realtà, conquistare una vita, una sessualità, un modo di stare al mondo, più felici e degne. Fuori dal dominio, dall’oppressione, dallo sfruttamento, dalla vergogna.

Altre informazioni sul progetto “la ragazza di Benin city” le trovate qui e qui.

femministe in resistenza, denunciano la repressione all’universita’ di tegugicalpa. honduras

Nel giugno del 2009 un golpe militare in Honduras, il primo di questo secolo, depone il presidente democraticamente eletto Zelaya, per insediare al suo posto Roberto Micheletti.

In tutto il paese ha inizio una fortissima resistenza che si protrae per mesi e che viene duramente repressa.  Ne fanno parte attivamente moltissime donne.

Il 29 novembre 2009 viene, con elezioni farsa, diviene Presidente il latifondista conservatore Porfirio Lobo. Elezione affrettatamente riconosciuta solo da Stati Uniti, Canada, Colombia, Perù, Costa Rica, Panama e pochi altri paesi e a tutt’oggi non ritenuta valida dagli altri stati latinoamericani e dal resto del mondo. L’Honduras torna indietro di almeno vent’anni. Squadroni della morte che colpiscono gli oppositori del governo di Tegucigalpa, latifondisti in guerra con le fasce più povere dei contadini, azzeramento della libertà di espressione e di informazione.

Ma a più di un anno dal golpe le forze democratiche di resistenza popolare riunite nel FNRP – Frente Nacional de Resistencia Popular dimostrano di essere ancora vitali. L’opposizione continua in tante forme diverse, e così la repressione.

da memoriafemminista una denuncia delle Femministe in resistenza:

Violenza e repressione nello sgombero all’Università nazionale autonoma.

Alla comunità nazionale e internazionale, le Femministe in Resistenza denunciano:

1- che oggi 3 di agosto 2010  il regime capeggiato di fatto da Porfirio Lobo Sosa, con l’avvallo di Julieta Castellanos, attuale rettore della Università Nazionale Autonoma dell’Honduras e il suo Consiglio, costituito tra gli altri da Olvan valladares e Cristiana Nufio, ha violentato l’autonomia universitaria, militarizzando il campus di Tegucicalpa durante il violento sgombero dei compagni del sindacato di questa istituzione, che insieme a studenti universitari portavano avanti uno sciopero della fame da 85 giorni.

2- che questa azione costituisce una grave violazione dei diritti umani dei sindacalisti, degli studenti e dei docenti, che sono stati repressi selvaggiamente.

3- che la polizia e i militari, con l’autorizzazione della Rettrice e del suo Consiglio, hanno invaso gli edifici universitari, scatenando la persecuzione di scioperanti, studenti e docenti, accompagnata da spari, gas lacrimogeni e violenza fisica, scatenando una guerra campale negli edifici e nei dintorni della Università Nazionale Autonoma dell’Honduras.

4- che in questo momento ci sono feriti vittime della repressione, una studentessa desaparecida, decine di intossicazioni da gas, mentre i corpi repressivi dello Stato hanno in loro potere studenti e sindacalisti.

Esigiamo che si garantisca la integrità fisica degli scioperanti, degli studenti e dei docenti che ancora si trovano all’interno della UNAH.

Esigiamo il rispetto della vita, sicurezza personale e il diritto di sciopero.

Esigiamo il rispetto della autonomia universitaria.

Esigiamo la cessazione immediata dell’ondata repressiva del regime contro il popolo honduregno.

Chiediamo alle organizzazioni solidali a livello nazionale e internazionale la immediata denuncia e condanna di queste nuove azioni repressive del regime.

NE’ COLPI DI STATO NE’ COLPI ALLE DONNE

Femministe in resistenza

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=re3mLbNts38[/youtube]



Le carceri sono fuorilegge. e voci di donne dal carcere

Collaborando con un’associazione che si occupa di carcere, sono in corrispondenza con dei detenuti. Qualche settimana fa, da un carcere del sud, uno di loro mi scrive che la grata della finestra della sua cella è arroventata, “ci si potrebbe cuocere una bistecca”; e tre o quattro volte al giorno manca l’acqua, bisogna farne scorta in delle bottigliette, se ci si vuole rinfrescare un pò; e il giorno prima hanno sentito arrivare un’ambulanza:  un suicidio.  Uno dei tanti.  Io penso che una cosa è la pena , un’altra è la tortura ( e non è detto che la pena debba essere carcere, una società “civile”, come questa non è, dovrebbe iniziare a pensare ad uscire dal sistema carcerario, pensare a delle alternative). Perchè di tortura si tratta. Le carceri scoppiano e sono illegali.

A questo proposito: da un paio di mesi  è stato lanciato un appello, “Le carceri sono fuorilegge”, per aprire una vertenza con le istituzioni perchè vengano rispettati i diritti dei detenuti e delle detenute.  Molte le adesioni da parte di associazioni e singoli, sia da fuori che da dentro il carcere. Chi volesse sottoscrverlo può mandare una mail a carta@carta.org.

Eccone il testo:

“In carcere non si rispettano le leggi. Chi non le rispetta fuori, viene messo dentro; chi mette dentro, le istituzioni democratiche, non le rispetta e basta. Quasi niente, nelle carceri, è come dovrebbe essere, funziona come dovrebbe funzionare, rispetta il dettato delle norme che dovrebbero regolare la vita penitenziaria. È trascorso quasi un anno dalla sentenza della Corte europea dei Diritti umani che ha condannato l’Italia per aver detenuto persone in meno di tre metri quadri. Una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea, un’ipotesi di tortura o trattamento inumano o degradante. Oggi la situazione è peggiore di allora.

Il prossimo 20 settembre saranno dieci anni dall’entrata in vigore del Regolamento penitenziario, che guardava verso condizioni più dignitose di detenzione. In cinque anni era fissato il termine per adeguare le carceri ad alcuni parametri strutturali. Che ci fosse l’acqua calda, per fare solo un esempio. Ne sono passati dieci, di anni, e quasi ovunque gli edifici sono ancora fuori legge. Noi ci riteniamo da oggi in vertenza contro le istituzioni. Utilizzeremo ogni strumento legale a disposizione per far sì che lo Stato paghi il prezzo della propria illegalità.”

Antigone, A buon diritto, Carta

E  qui di seguito mi piace far sentire la voce di donne incarcerate.

Tutte le testimonianze sono tratte dal sito informacarcere .

“…il Tavor, ma che scherziamo, il Valium, ma che scherziamo, son bombe sono, la gente è stravolta, tanto vale che tu li dia una dose di Eroina tutti i giorni. Poi ci sono delle persone che prendono un sacco di Metadone, glieli scalano in una maniera troppo rapida, cioè… La sanità non funziona in carcere, assolutamente, come non funzionano tante altre cose, sanità in generale, cioè io ho parlato del tossico perché la maggior parte sono tossiche, la sanità non funziona, perché guarda se un nullatenente veramente che si debba comprare le medicine, a me mi sembra assurdo veramente, un Aulin, una pasticca per il mal di testa, te la devi comprare, capito, questo non mi sembra giusto è la cosa più banale il mal di testa, se ce l’hai i soldi e lavori bene te le compri, sennò ti tieni il mal di testa, e non è solo questo, è il fatto che quando…almeno com’era prima e anche adesso, se una persona si sente male al maschile e il medico è già di là a dare il soccorso e un’altra persona si sente male al femminile uno dei due deve morire, uno dei due deve morire, perché tra il maschile e il femminile c’è un bel pezzo di strada da fare, va bene?…”

Cinzia (dalla tesi: STORIE DI DONNE E DI CARCERE…di Marta Capecchi, anno accademico 2003/04) carcere di Sollicciano – sezioni femminili)

“Non credo di aver mai avuto bisogno di essere rieducata, a questo ci hanno pensato i miei genitori e credo che abbiano fatto un lavoro esemplare. Tutto ciò che ho imparato forse è che ci sono persone piene di sfaccettature e non sempre possiamo essere in grado di vederle tutte. Per il resto credo che sia il carcere ad aver bisogno di una rieducatina!”

Laura, Intervista degli Scout Prato al Femminile di Sollicciano – agosto 2006

“Sui muri ancora orrende pitture di draghi e di animali vari. Questo era il campo di pallavolo. Accanto ci sono gli spazi d’aria in uso. Sono gli stessi senza le erbacce, con cubi di cemento grezzo a formare panchine; spazio di pascolo degli internati; dove passeggiano è presente una tettoia e un cesso alla turca aperto con un rubinetto esterno per chi usa la finezza di sciacquarsi le mani.

Di fronte a questi spazi, un enorme palazzone storico; un parallelepipedo di cento metri circa di lunghezza. Accanto, placido, scorre l’Arno. Tutto nella tranquilla cittadina di Montelupo Fiorentino di cui non sto a decantare la storia.

Certo, in questo ospedale psichiatrico le cose non possono andare avanti così, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ma c’è chi vorrebbe che si restasse in queste condizioni!

Il restauro semplicemente per renderlo abitabile(prima era una stalla), è stato compiuto solo in 1/3 dell’intera struttura. A quando gli altri lavori? Dove sono finiti i denari stanziati a questo scopo? Il tempo passa, i costi aumentano e intanto si parla di chiudere questo istituto di matti racchiuso in una vecchia magione di caccia dei medi e propriamente adatto ad altri usi. Si aspettano risposte, opinioni…e anche bla-bla-bla… perditempo.”

Stella 2008 Da Spiragli: Rivista dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino, Gennaio – Febbraio – Marzo 2009 – Anno 9° – n° 45

“La mancanza di soldi per fornire ai detenuti farmaci che curano l’Hiv è un problema crescente nelle carceri. Mi tocca in prima persona, dato che sono affetta da questo virus.

Fortunatamente per me sono in una fase stabile e controllabile. Inoltre mi trovo in una struttura (la Casa a Custodia Attenuta di Empoli) dove sono tenuta sotto costante controllo.

Ma prima di arrivare qui, ho girato sette carceri, nei quali ero costretta a comprarmi i farmaci: non quelli retrovirali, parlo di vitamine, Dissenten e cose varie.

E’ veramente assurdo tutto questo perché bisogna tener conto che, nelle carceri ordinarie, non ti offrono possibilità di lavorare in modo continuato, di conseguenza di mantenerti. E  per chi, come me, non è seguito dalla famiglia diventa un vero tormento.

Si innescano meccanismi di contestazione, atteggiamenti che ti portano al delirio.

Quello che se ne ricava sono solo ritorsioni contro gli stessi detenuti, come ad esempio denuncie per aver maltrattato un medico incompetente o un agente poco informato ed indifferente verso gli stati d’animo del malato.

Mi chiedo come mai lo Stato non si rende conto che in carcere ci sono persone che soffrono già molto per la condizione in cui si trovano, nella quale sicuramente si sono messe con le loro mani, ma non per questo devono essere trascurate, specie in casi come il mio in cui la patologia è complessa e ha bisogno di costanti controlli e farmaci.

Io mi ritengo fortunata perché non necessito di alcun farmaco, ma ho vissuto indirettamente situazioni pressoché allucinanti, come ad esempio l’ora della terapia farmacologia in assenza dei farmaci salvavita, o meglio dire retrovirali, per cui ho visto amiche peggiorare di giorno in giorno.

Voglio solo dire infine, a chi di competenza, di farsi  un esame di coscienza e pensare che questo brutto male può, oggi come oggi, attaccare chiunque, per cui datevi da fare affinché, in carcere, non si debbano più vivere situazioni analoghe  a quella ce ho vissuto io indirettamente sulla pelle di alcune mie amiche.

Aggiungo un pensiero forse crudo ma reale: sarebbe utile diminuire le spese per gli psicofarmaci che tengono solo a soffocare le nostre emozioni e danno assuefazione; piuttosto sarebbe meglio aumentare i fondi per acquistare farmaci di cui non si può fare a meno perché servono per vivere!.”

Matilde Guarino (dal giornale: “Ragazze Fuori” –periodico della Casa a Custodia Attenuata Femminile di Empoli – Supplemento  n. 2 dell’aprile 2005 al n. 4 del dicembre 2004/gennaio 2005 di “Empoli”-Periodico dell’Amministrazione comunale)

“Sono una straniera come tante altre ragazze che si trovano in questo istituto con la voglia di rinascere in una società dove dicono che la legge è uguale per tutti, allora… vorrei vedere se questa legge esiste davvero. Se noi straniere cerchiamo un mondo diverso per le nostre famiglie è perché proveniamo da un paese dove il ricco è sempre più ricco e il povero è tragicamente povero, ed è allora che io mi chiedo se esiste davvero la possibilità di rifarci una vita inserita nella vostra società. E’ vero, abbiamo commesso un reato ma questo non vuole dire che siamo persone senza anima, senza intelligenza, senza un cuore e senza la voglia di riscatto e integrazione sociale.

Il giorno del mio processo è stata chiesta l’espulsione nel mio paese, perché? Mi chiedo il perché di questo egoismo verso di noi, lo straniero sa lottare per quello che è e per quello che vuole, penso che dare un’opportunità di rifarsi una vita è giusto per tutti. Il mio obbiettivo è quello di uscire di qui e lavorare per un po’ in Italia per dare un futuro tranquillo alle mie figlie. Non siamo delinquenti ma siamo persone in cerca di rinascita.”

Viviana, Sollicciano

“Sono Veronica, una ragazza spagnola di 24 anni. Ho un bellissimo bambino di cinque anni che si chiama Said, che vuol dire felicità. Sono due anni che non lo vedo e sto morendo di tristezza per questo motivo. Said è tutto per me. E’ la mia vita. Non sono stata io a dare la vita a lui ma lui a me, fin dal momento che l’ho vista per la prima volta.

Sicuramente vi state chiedendo, se amo tanto come dico mio figlio,come ho potuto fare quello che ho fatto? Quel che mi ha portata in carcere…. Io sapevo a cosa andavo incontro, ma era tanto il bisogno che avevo di avere quei soldi… Pensavo a quello che potevo fare con quei soldi, il mio sogno. Ma non per me, per mio figlio. Io volevo che lui avesse quello che io non ho avuto: una sua casa e un suo letto. So che questo non è tutto nella vita, ma io in quei momenti ero disperata.”

Veronica Z. Da: Ragazze Fuori – periodico della Casa a Custodia attenuata femminile di Empoli – aprile 2008

“La cella con tre persone è già stretta, io sono stata in celle con tre letti a castello o due e dall’altro lato ce n’entra solo uno perché a Sollicciano da una parte il muro è più basso. Con me in piedi un’altra persona passa perché io sono magra, ma se in piedi c’è una persona un po’ grassa non si passa. C’é piccolo armadietto per ognuna più piccolo armadietto per spesa, abbiamo televisione e un piccolissimo bagno con lavandino e gabinetto. Qualcuno attacca foto, poster, io no è inutile coprire i muri se la realtà è sempre lì, solo un mese prima di uscire ho attaccato due poster di spiagge della Colombia.”

Gloria (dalla tesi: STORIE DI DONNE E DI CARCERE…di Marta Capecchi, anno accademico 2003/04) ex detenuta carcere di Sollicciano – sezioni femminili

Jorvanenka, donna rom

Jorvanenka Nobilini è una donna rom ,  ha 27 anni e abita al campo nomadi di Strada aeroporto a Torino. Era all’ottavo mese di gravidanza. Venerdì 11 giugno si trovava a Mirafiori nord ed è stata aggredita a colpi di mazza da baseball da un giovane uomoi. La sua colpa  è stata quella di aver suonato, insieme ad altre donne rom, al campanello del condominio dove risiede l’aggressore. L’uomo le ha insultate dal balcone e poi le ha inseguite nel mercato del quartiere. Qui le tre donne sono state aggredite violentemente e ripetutamente. Tutto questo con il beneplacito dei presenti: nessuno è intervenuto a difenderle .  (Bella gente questi italiani, proprio brava gente)

Rientrata al campo, la donna è stata accompagnata dai familiari in ospedale, le percosse avevano provocato un aborto e non c’è stato nulla da fare per salvare il suo bambino. Ed è altamente probabile che   questo tristo esemplare di uomo italico che ha fatto abortire una donna a forza di botte,   sia magari contrario alla legge sull’aborto!

L’aggressore è stato arrestato e accusato di aborto preterintenzionale (non anche per aggressione , dico io? magari con l’aggravante di odio razziale)

Cè un appello dell’A.I.Z.O (Associazione Italiana Zingari Oggi), con cui Jorvanenka aveva  collaborato come mediatrice culturale e alla quale si è rivolta dopo l’aggressione. Per aderire scrivere a aizoonlus@yahoo.it