Le carceri sono fuorilegge. e voci di donne dal carcere

Collaborando con un’associazione che si occupa di carcere, sono in corrispondenza con dei detenuti. Qualche settimana fa, da un carcere del sud, uno di loro mi scrive che la grata della finestra della sua cella è arroventata, “ci si potrebbe cuocere una bistecca”; e tre o quattro volte al giorno manca l’acqua, bisogna farne scorta in delle bottigliette, se ci si vuole rinfrescare un pò; e il giorno prima hanno sentito arrivare un’ambulanza:  un suicidio.  Uno dei tanti.  Io penso che una cosa è la pena , un’altra è la tortura ( e non è detto che la pena debba essere carcere, una società “civile”, come questa non è, dovrebbe iniziare a pensare ad uscire dal sistema carcerario, pensare a delle alternative). Perchè di tortura si tratta. Le carceri scoppiano e sono illegali.

A questo proposito: da un paio di mesi  è stato lanciato un appello, “Le carceri sono fuorilegge”, per aprire una vertenza con le istituzioni perchè vengano rispettati i diritti dei detenuti e delle detenute.  Molte le adesioni da parte di associazioni e singoli, sia da fuori che da dentro il carcere. Chi volesse sottoscrverlo può mandare una mail a carta@carta.org.

Eccone il testo:

“In carcere non si rispettano le leggi. Chi non le rispetta fuori, viene messo dentro; chi mette dentro, le istituzioni democratiche, non le rispetta e basta. Quasi niente, nelle carceri, è come dovrebbe essere, funziona come dovrebbe funzionare, rispetta il dettato delle norme che dovrebbero regolare la vita penitenziaria. È trascorso quasi un anno dalla sentenza della Corte europea dei Diritti umani che ha condannato l’Italia per aver detenuto persone in meno di tre metri quadri. Una violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea, un’ipotesi di tortura o trattamento inumano o degradante. Oggi la situazione è peggiore di allora.

Il prossimo 20 settembre saranno dieci anni dall’entrata in vigore del Regolamento penitenziario, che guardava verso condizioni più dignitose di detenzione. In cinque anni era fissato il termine per adeguare le carceri ad alcuni parametri strutturali. Che ci fosse l’acqua calda, per fare solo un esempio. Ne sono passati dieci, di anni, e quasi ovunque gli edifici sono ancora fuori legge. Noi ci riteniamo da oggi in vertenza contro le istituzioni. Utilizzeremo ogni strumento legale a disposizione per far sì che lo Stato paghi il prezzo della propria illegalità.”

Antigone, A buon diritto, Carta

E  qui di seguito mi piace far sentire la voce di donne incarcerate.

Tutte le testimonianze sono tratte dal sito informacarcere .

“…il Tavor, ma che scherziamo, il Valium, ma che scherziamo, son bombe sono, la gente è stravolta, tanto vale che tu li dia una dose di Eroina tutti i giorni. Poi ci sono delle persone che prendono un sacco di Metadone, glieli scalano in una maniera troppo rapida, cioè… La sanità non funziona in carcere, assolutamente, come non funzionano tante altre cose, sanità in generale, cioè io ho parlato del tossico perché la maggior parte sono tossiche, la sanità non funziona, perché guarda se un nullatenente veramente che si debba comprare le medicine, a me mi sembra assurdo veramente, un Aulin, una pasticca per il mal di testa, te la devi comprare, capito, questo non mi sembra giusto è la cosa più banale il mal di testa, se ce l’hai i soldi e lavori bene te le compri, sennò ti tieni il mal di testa, e non è solo questo, è il fatto che quando…almeno com’era prima e anche adesso, se una persona si sente male al maschile e il medico è già di là a dare il soccorso e un’altra persona si sente male al femminile uno dei due deve morire, uno dei due deve morire, perché tra il maschile e il femminile c’è un bel pezzo di strada da fare, va bene?…”

Cinzia (dalla tesi: STORIE DI DONNE E DI CARCERE…di Marta Capecchi, anno accademico 2003/04) carcere di Sollicciano – sezioni femminili)

“Non credo di aver mai avuto bisogno di essere rieducata, a questo ci hanno pensato i miei genitori e credo che abbiano fatto un lavoro esemplare. Tutto ciò che ho imparato forse è che ci sono persone piene di sfaccettature e non sempre possiamo essere in grado di vederle tutte. Per il resto credo che sia il carcere ad aver bisogno di una rieducatina!”

Laura, Intervista degli Scout Prato al Femminile di Sollicciano – agosto 2006

“Sui muri ancora orrende pitture di draghi e di animali vari. Questo era il campo di pallavolo. Accanto ci sono gli spazi d’aria in uso. Sono gli stessi senza le erbacce, con cubi di cemento grezzo a formare panchine; spazio di pascolo degli internati; dove passeggiano è presente una tettoia e un cesso alla turca aperto con un rubinetto esterno per chi usa la finezza di sciacquarsi le mani.

Di fronte a questi spazi, un enorme palazzone storico; un parallelepipedo di cento metri circa di lunghezza. Accanto, placido, scorre l’Arno. Tutto nella tranquilla cittadina di Montelupo Fiorentino di cui non sto a decantare la storia.

Certo, in questo ospedale psichiatrico le cose non possono andare avanti così, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ma c’è chi vorrebbe che si restasse in queste condizioni!

Il restauro semplicemente per renderlo abitabile(prima era una stalla), è stato compiuto solo in 1/3 dell’intera struttura. A quando gli altri lavori? Dove sono finiti i denari stanziati a questo scopo? Il tempo passa, i costi aumentano e intanto si parla di chiudere questo istituto di matti racchiuso in una vecchia magione di caccia dei medi e propriamente adatto ad altri usi. Si aspettano risposte, opinioni…e anche bla-bla-bla… perditempo.”

Stella 2008 Da Spiragli: Rivista dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino, Gennaio – Febbraio – Marzo 2009 – Anno 9° – n° 45

“La mancanza di soldi per fornire ai detenuti farmaci che curano l’Hiv è un problema crescente nelle carceri. Mi tocca in prima persona, dato che sono affetta da questo virus.

Fortunatamente per me sono in una fase stabile e controllabile. Inoltre mi trovo in una struttura (la Casa a Custodia Attenuta di Empoli) dove sono tenuta sotto costante controllo.

Ma prima di arrivare qui, ho girato sette carceri, nei quali ero costretta a comprarmi i farmaci: non quelli retrovirali, parlo di vitamine, Dissenten e cose varie.

E’ veramente assurdo tutto questo perché bisogna tener conto che, nelle carceri ordinarie, non ti offrono possibilità di lavorare in modo continuato, di conseguenza di mantenerti. E  per chi, come me, non è seguito dalla famiglia diventa un vero tormento.

Si innescano meccanismi di contestazione, atteggiamenti che ti portano al delirio.

Quello che se ne ricava sono solo ritorsioni contro gli stessi detenuti, come ad esempio denuncie per aver maltrattato un medico incompetente o un agente poco informato ed indifferente verso gli stati d’animo del malato.

Mi chiedo come mai lo Stato non si rende conto che in carcere ci sono persone che soffrono già molto per la condizione in cui si trovano, nella quale sicuramente si sono messe con le loro mani, ma non per questo devono essere trascurate, specie in casi come il mio in cui la patologia è complessa e ha bisogno di costanti controlli e farmaci.

Io mi ritengo fortunata perché non necessito di alcun farmaco, ma ho vissuto indirettamente situazioni pressoché allucinanti, come ad esempio l’ora della terapia farmacologia in assenza dei farmaci salvavita, o meglio dire retrovirali, per cui ho visto amiche peggiorare di giorno in giorno.

Voglio solo dire infine, a chi di competenza, di farsi  un esame di coscienza e pensare che questo brutto male può, oggi come oggi, attaccare chiunque, per cui datevi da fare affinché, in carcere, non si debbano più vivere situazioni analoghe  a quella ce ho vissuto io indirettamente sulla pelle di alcune mie amiche.

Aggiungo un pensiero forse crudo ma reale: sarebbe utile diminuire le spese per gli psicofarmaci che tengono solo a soffocare le nostre emozioni e danno assuefazione; piuttosto sarebbe meglio aumentare i fondi per acquistare farmaci di cui non si può fare a meno perché servono per vivere!.”

Matilde Guarino (dal giornale: “Ragazze Fuori” –periodico della Casa a Custodia Attenuata Femminile di Empoli – Supplemento  n. 2 dell’aprile 2005 al n. 4 del dicembre 2004/gennaio 2005 di “Empoli”-Periodico dell’Amministrazione comunale)

“Sono una straniera come tante altre ragazze che si trovano in questo istituto con la voglia di rinascere in una società dove dicono che la legge è uguale per tutti, allora… vorrei vedere se questa legge esiste davvero. Se noi straniere cerchiamo un mondo diverso per le nostre famiglie è perché proveniamo da un paese dove il ricco è sempre più ricco e il povero è tragicamente povero, ed è allora che io mi chiedo se esiste davvero la possibilità di rifarci una vita inserita nella vostra società. E’ vero, abbiamo commesso un reato ma questo non vuole dire che siamo persone senza anima, senza intelligenza, senza un cuore e senza la voglia di riscatto e integrazione sociale.

Il giorno del mio processo è stata chiesta l’espulsione nel mio paese, perché? Mi chiedo il perché di questo egoismo verso di noi, lo straniero sa lottare per quello che è e per quello che vuole, penso che dare un’opportunità di rifarsi una vita è giusto per tutti. Il mio obbiettivo è quello di uscire di qui e lavorare per un po’ in Italia per dare un futuro tranquillo alle mie figlie. Non siamo delinquenti ma siamo persone in cerca di rinascita.”

Viviana, Sollicciano

“Sono Veronica, una ragazza spagnola di 24 anni. Ho un bellissimo bambino di cinque anni che si chiama Said, che vuol dire felicità. Sono due anni che non lo vedo e sto morendo di tristezza per questo motivo. Said è tutto per me. E’ la mia vita. Non sono stata io a dare la vita a lui ma lui a me, fin dal momento che l’ho vista per la prima volta.

Sicuramente vi state chiedendo, se amo tanto come dico mio figlio,come ho potuto fare quello che ho fatto? Quel che mi ha portata in carcere…. Io sapevo a cosa andavo incontro, ma era tanto il bisogno che avevo di avere quei soldi… Pensavo a quello che potevo fare con quei soldi, il mio sogno. Ma non per me, per mio figlio. Io volevo che lui avesse quello che io non ho avuto: una sua casa e un suo letto. So che questo non è tutto nella vita, ma io in quei momenti ero disperata.”

Veronica Z. Da: Ragazze Fuori – periodico della Casa a Custodia attenuata femminile di Empoli – aprile 2008

“La cella con tre persone è già stretta, io sono stata in celle con tre letti a castello o due e dall’altro lato ce n’entra solo uno perché a Sollicciano da una parte il muro è più basso. Con me in piedi un’altra persona passa perché io sono magra, ma se in piedi c’è una persona un po’ grassa non si passa. C’é piccolo armadietto per ognuna più piccolo armadietto per spesa, abbiamo televisione e un piccolissimo bagno con lavandino e gabinetto. Qualcuno attacca foto, poster, io no è inutile coprire i muri se la realtà è sempre lì, solo un mese prima di uscire ho attaccato due poster di spiagge della Colombia.”

Gloria (dalla tesi: STORIE DI DONNE E DI CARCERE…di Marta Capecchi, anno accademico 2003/04) ex detenuta carcere di Sollicciano – sezioni femminili