assolto l’ispettore del cie di via corelli

Milano, 2 feb. – E’ stato assolto dall’accusa di violenza sessuale su Joy, donna nigeriana di 28 anni, l’ispettore di polizia Vittorio Addesso, responsabile della sicurezza nel Centro di identificazione e espulsione di via Corelli a Milano. La sentenza è stata emessa dal gup Simone Lueri che ha accolto la richiesta della procura.

I fatti risalgono alal fine di agosto del 2009. “Era la parola di una donna straniera contro un rappresentante dello Stato – commentano gli avvocati di parte civile Eugenio Losco e Mauro Straini – ci chiediamo se tanta attenzione ci sarebbe stata anche a parti invertite. Evidentemente le garanzie valgono solo per i contollori dei lager di Stato”.

Un processo per calunnia attende ora Joy ed Hellen, l’altra ragazza che ha testimoniato contro l’ispettore.

informazioni su noinonsiamo complici

su radio onda rossa i commenti dell’avv. Eugenio Losco e di una compagna attiva contro i Cie.

preferisco essere una donna permale

Non si sa proprio che pensare davanti a questi appelli  di donne che si sentono molto per bene, che ci invitano a scendere in piazza come “madri e figlie” contro “il degrado e la deriva etica”, invitandoci ad attaccarci sul petto la nostra carta d’identità con su scritto: “studentessa, casalinga, giornalista, operaia…..” (ma se gli si desse foco alle carte didirindindà? tutt@ clandestin@ in un colpo solo…), tutte insieme appassionatamente, insieme alle kapò di regime, contro le malefimmine, in nome delle vere donne itagliane, sicuramente con la benedizione di santaromanachiesa . Davvero si vogliono distinguere le donne perbene da quelle permale? Le donne oneste dalle mondane? Le madri di famiglia, le oneste lavoratrici dalle donne “leggere”?

A me , che non ho neanche una posizione precisa rispetto a ‘sta storia della prostituzione, conservando dubbi di vario tipo, cercando di capire (amo i miei dubbi, sono prolifici, evitano di rinchiuderti nel proprio pensiero, ti invitano ad ascoltare la tua storia e le storie degli/delle altr@, a non trincerarti in una identità inamovibile) non viene neanche in mente di mettermi su un palco a giudicare dall’alto della mia pretesa “coscienza femminista” la “moralità” di altre donne. Io non sono una donna per bene, neanche tanto “emancipata”, mi vendo sicuramente anch’io in qualche modo, ho i miei problemi e le mie contraddizioni come tutt@, e l’unica cosa che mi vien voglia di dire davanti a un appello del genere è: siamo tutte puttane.

Riguardo a questo mi è piaciuto questo post della amata Zia Jo, che riporto qui:

PASSATO/PRESENTE E RITORNO

Emma siede davanti allo scrittoio da un po’ di tempo, spalle curve, troppo curve. Cerca di raddrizzare un po’ la schiena stanca dalla postura: niente. Non le riesce proprio di scrivere nulla questa volta. Non sono di certo le argomentazioni a mancarle, già espresse in parte nel saggio “La tratta delle donne”, né tantomeno è il tema della prostituzione a non riscuotere il suo interesse: ha passato una vita ad occuparsi dell’emancipazione e della liberazione del genere femminile, una volta è stata perfino arrestata mentre insegnava ad alcune donne l’uso di metodi contraccettivi. Sono le facce che sa già di vedere alla conferenza, le espressioni che sa di ritrovare in quei volti a causarle un blocco creativo. Emma è stanca di quei visi che subisce da una vita, attoniti, compunti, concentrati ma soprattutto sconvolti mentre annuiscono fintamente sotto baffi e barba o nascondono gesti di stizza sotto pastrani, sciarpe e cappellini. Compagni e compagne avvezzi a qualunque tipo di ragionamento, incluso l’utilizzo della violenza rivoluzionaria, ma totalmente refrattari alla rigenerazione interiore, al rigetto di quei pregiudizi considerati da tutti di secondaria importanza rispetto alla lotta per la libertà. Emma sorride, le è appena tornato in mente il vecchio Kropotkin quella volta in cui si sono incontrati, prima di Kronstadt, prima dell’orrore: “Vale la pena perdere tanto tempo a discutere di sesso?” le aveva detto.

“Dove devo firmare? Firmo sì, certo che firmo, è ora di dire basta, basta, basta. Basta con queste mignotte! Stanno rovinando quel poco che abbiamo conquistato: in galera devono andare, tutte quante! E che mica ci devono andare solo quelle di strada che bruciano i copertoni, devono finire al gabbio pure le esport, le escort, come si chiamano loro. Questo schifo deve finire, sono veramente nauseata, quindi firmo e scendo pure in piazza come ha detto il tiggitrè. Come? Legge Tarzia? Femminicidi? No, non so niente di queste cose politiche, non mi interessano affatto. Qua bisogna dare una ripulita di tutte queste zoccole che poi le guarda anche mio marito in tv. Sì, faccio la casalinga. No, certo che non sono retribuita, di pensione poi prenderò la minima…ma che c’entra tutto questo?”

Emma sa che la liberazione passa attraverso l’esercizio libero della propria sessualità perchè la schiavitù sta purtroppo nell’identificazione tra la prostituta e il mestiere che esercita, in quello status perenne e immodificabile che plasma la vita di chi si prostituisce, marchiandola in modo indelebile in quelle sudicie carte di riconoscimento che la bollano come “donna pubblica”. Emma è cosciente che la proibizione del meretricio sia non solo un esercizio inutile ma anche dannoso, sa che la prostituzione è dovuta a cause soprattutto economiche e sociali, all’inferiorità della donna rispetto all’uomo, spesso portata a vendere il proprio corpo a causa della mancanza di mezzi di sussistenza, così come nell’istituzione del matrimonio, a cui le donne che non vengono da situazioni sociali di forte criticità sono destinate, una prostituzione legalizzata sotto il controllo di uno stesso uomo da cui dipendono a vita. Emma già immagina quelle facce esibirsi in una serie di rughe da mostrare e labbra secche da bagnare e sopracciglia da aggrottare mentre paragonerà la prostituzione al matrimonio…

“Sì, firmerò anch’io e se il caso lo richiede, scenderò con le donne in piazza. Una volta abbattuto Berlusconi, il problema, almeno per le donne, sarà risolto. Poi ci penseremo noi, magari facendo un po’ di quote rosa in politica a ridare dignità e rappresentanza alle donne. Io, vede, ho moglie e figlia e queste cose non mi vanno proprio giù. Mia moglie lavora in casa, prima faceva la segretaria in uno studio legale ma quando è andata in maternità è stata licenziata; mia figlia invece sta ancora al liceo. Ecco, io non voglio che questi modelli malati di femminilità le vengano trasmessi, anche se non c’è nulla di male, per carità, nell’essere delle belle ragazze e voler mostrare il proprio corpo in tv. Ma mia figlia no, questo genere di cose non le deve fare, preferisco che si prenda una bella laurea e vada a lavorare onestamente. No guardi, non mi venga a dire che la prostituzione è una cosa e il sistema che permette a chi si prostituisce di fare carriera un altro, per me fa tutto parte dello stesso schifo. Adesso ci si mettono pure le minorenni. Minorenni troie. Sono anche loro che provocano, poi quando le stuprano…e non lo dico perchè sono maschilista, anzi, a me piacciono le belle ragazze. Quella Ruby ad esempio mi attira un sacco. Detto tra noi: vedesse che gran culo ha quella lì..”

Niente, non le riesce proprio di scrivere nulla, Emma assume involontariamente quel cipiglio severo che le è proprio e che fa tanto ridere Sasha. “Chissà cosa sta facendo..” No, meglio non seguire questo filo di pensieri, Emma è una donna gelosa e ne è pienamente consapevole, meglio pensare a qualcos’altro, a qualcun altro. Il suo sguardo vaga verso il ritratto di Mary Wollstonecraft, la donna in cui rivede se stessa nella ribellione ad ogni tipo di costrizione autoritaria e nella continua sfida al conformismo. E quella volta in cui, almeno dieci anni prima, nel 1911, le aveva dedicato una conferenza, le facce degli ascoltatori si erano trasformate visibilmente da sconvolte in inorridite: tutti pensavano che su Mary Wollstonecraft, su quella donna scandalosa, considerata da tutti una sgualdrina fosse calato per sempre il sipario e l’oblio . Invece per Emma la figura di Mary è stata la chiave di volta verso la critica al puritanesimo, alla moralità comune, all’ipocrisia anche tra gli stessi compagni e compagne. La sente sorella, affine al suo spirito ribelle, incredibilmente vicina. In lei si rispecchia e si riconosce.

“Ho deciso di firmare anch’io perchè sono stanca di vedere che la dignità della donna è calpestata da queste zoccole che infestano le televisioni e che fanno carriera vendendo il loro corpo. Devono morire! Devono sapere cos’è la fatica, devono imparare cos’è il sacrificio e farsi il mazzo come ho fatto io in tutti questi anni di studio sui quali ho speso tutte le mie energie. Ho anche un master, sa? Come vede, io ho scelto di non piegarmi a certe logiche di sfruttamento. Come dice? Sì lavoro nel privato. Sì sono precaria. Sì, lo so che guadagno meno dei miei colleghi maschi. Ma con la crisi che c’è sono stata fortunata a trovare almeno questo lavoro. Non sono mica come quelle lì, io, e sono felice di scendere in piazza e poter gridare finalmente a voce alta che non tutte le donne sono in vendita!”

Emma sistema gli occhiali sul naso, impugna la penna e comincia a scrivere.

ni una màs

Il cadavere di Susana Chàvez è stato ritrovato in un quartiere della periferia di Ciudad Juarez, con la testa avvolta in un sacco di plastica nero e una mano mozzata, come se la avessero voluta castigare per tutto quello che aveva osato scrivere e denunciare.

Susana aveva 36 anni, era poetessa e attivista per i diritti delle donne, da anni protestava contro i femminicidi nello stato di Chihuahua, lei aveva coniato lo slogan “Ni una màs”. Leggeva le sue poesie durante le manifestazioni per le donne scomparse e assassinate:

“Sangue mio, sangue di alba, sangue di luna tagliata a metà, sangue del silenzio”.

La morte risale al 6 gennaio, ma le autorità hanno consegnato il suo corpo cinque giorni dopo. Perché? La versione che la questura di Chihuahua vuole spacciare per vera è che si è trattato di un crimine comune che non aveva nulla a che vedere con il suo attivismo.

Ma l’assassinio di Susana segue quello di altre due sue compagne di lotta: Josefina Reyes, lo scorso 4 gennaio, e Marisela Escobado, il 16 dicembre. Dal 2009 sono13 i militanti per i diritti umani uccisi, uomini e donne, e l’autorità di Chihuahua non è stata capace di far luce su nessuno di questi omicidi, così come non è riuscita a risolvere i casi di femminicido, 466 solo lo scorso anno- o non ha voluto farlo. Una donna assassinata ogni 20 ore. E le organizzazioni delle donne, quasi sole, si oppongono a questa carneficina. Per questo le ammazzano.

E in Italia? Solo ieri due donne e un uomo uccis* dalla violenza maschile in provincia di Cagliari. Oggi a Viareggio il funerale di Rajmonda Zevi, uccisa dal marito l’ultimo dell’anno, il suo corpo buttato in un bosco e ritrovato dopo giorni.

Come quello delle desaparecidas di Ciudad Juarez, sepolte nel deserto.

E quante altre?

E noi, che vogliamo fare?

la fica e’ bella, e’ nostra, e non ce la facciamo conciare da nessuno

A me la mia FICA piace parecchio, ho un buon rapporto con lei, se ben ascoltata è per me fonte di grandi soddisfazioni.

E’ una parte del mio corpo, che è fatto di molte altre cose: di occhi che vedono, di piedi che camminano, di un cervello che pensa, di mani che sanno costruire ed accarezzare, e così via……e col tempo ho imparato ad amare ogni parte del mio corpo, FICA compresa.

Perciò sia ben chiaro che non ho nessun problema a vederla rappresentata in tutta la sua bellezza e in tutte le sue varietà. Non ho problemi di buon costume e non son una timorata di dio che vuol mettere le mutande ai monumenti.

Ma l’importante è il contesto. Se, come ha fatto Oliviero Toscani, si fa un calendario pieno di fiche (gennaio, febbraio,  marzo ecc.) per pubblicizzare la “vera pelle italiana conciata al vegetale” la questione è diversa.

La FICA è bella, è nostra, ma non ce la facciamo conciare da nessuno. Neanche da Oliviero Toscani e dalle sue “provocazioni”.

Devono semplicemente smetterla di usare le nostre fiche e i nostri corpi per vendere qualsiasi merce. Figuriamoci la pelle conciata. Dico io, ma perchè una volta tanto non scomodano il loro cazzo, quello loro personale? Magari per vendere salamini da affettare? E dire che ci hanno asfissiato per anni a convincerci che abbiamo l’invidia del pene. E invece non sanno far altro che parlare di fica.

Infatti per presentare il calendario fanno anche un dibattito: “sulla Forza della Natura, incontro sulla Femmina”. Son lì a parlare di Femmina (io sono abituata a parlare di donne, neanche della Donna, pensa un pò…) in sette: 6  uomini (tra cui Sgarbi, famoso esperto di fica) e Marina Ripa di Meana (in rappresentanza di tutte le donne italiane!).

Di cosa poi si parli in questo dibattito non è ben chiaro. La cosa è parecchio nebulosa.

Perciò chi è  di Firenze potrebbe andare a sentire, e magari anche a farsi sentire…l’appuntamento è  giovedì 13 gennaio, alle ore 18 nello spazio Alcatraz della Stazione Leopolda, via Fratelli Rosselli 5 (Firenze).

Insomma, caro Toscani, della nostra FICA sappiamo parlare benissimo da sole. E  se vuoi fare l’intellettuale e sproloquiare di organi sessuali comincia parlando del tuo, e magari anche di tutto quello che ci sta intorno, che è sempre meglio partire da quello che si conosce, e  impara  dagli uomini che hanno iniziato a farlo seriamente, o impara da uomini capaci di parlare di donne- di donne reali- insieme a loro e di rappresentarle in altro modo , come questo per esempio:

E senza bisogno di vendere niente.

roma 14 dicembre, qualche pensiero buttato lì

violenti provocatori criminali devastatori estremisti nichilisti autonomi terroristi antropologicamente fascisti  banditi sovversivi nichilisti teppisti blackblok incendiari canaglia “quelli dei centri sociali” infiltrati femministe isteriche……….questi sono solo alcuni dei nomi che vengono dati alle persone quando alzano la testa, quando si ribellano (se volete potete continuare voi, dato che la moda televisiva è quella delle liste)

per me la violenza vera è altra: è quella di questa economia di rapina, è quella di chi affama il mondo per il suo profitto, è quella di chi lo avvelena per accumulare denaro, è quella di chi costringe al precariato e al non futuro generazioni intere, è quella di chi ci vuole al lavoro come schiavi, è quella di chi specula su casa e sanità, è quella di chi distrugge scuole, università e cultura. violenza sono le guerre umanitarie e i lager per i migranti e i ghetti per i rom e i respinti in libia che muoiono nel deserto. violenza sono l’oro e i diktat della chiesa. violenza sono le discariche di terzigno (ma come mai saviano a terzigno non c’è andato?) e la chiazza di petrolio del golfo del messico. violenza è la casa degli studenti dell’Aquila che si sgretola come sabbia.   (e se volete potete continuare voi, dato che la moda televisiva è quella delle liste).

e la violenza il 14 a roma stava dentro il palazzo, nel loro teatrino della democrazia, nei loro lacchezzi, nel loro ignorare le voci di tanti, nei cordoni di polizia a proteggerli. e gli unici infiltrati sono stati quei tre che hanno fatto passare la fiducia.

per me ci si può ribellare in tanti modi: i metodi per farsi sentire, costruire alternative, contrastare poteri possono essere tanti e diversi tra loro. si può a volte costruire a volte distruggere, oppure si possono fare tutte e due le cose insieme. si può salire sui tetti e sulle gru per gridare la propria disperazione, per chiedere giustizia e diritti, si può cercare di costruire alternative all’interno di questo caos, lavorando nei propri territori, si possono mettere in discussione i propri comportamenti individuali, difendere i beni comuni dalla devastazione e dalla privatizzazione, boicottare merci, fare cultura in rete, costruire reti di reale solidarietà, si può spaccare un bancomat per indicare chiaramente i responsabili, per esprimere la propria rabbia, che è quella di molti (e se volete continuate anche questa di liste, che è sempre l’ultima moda televisiva). questa storia di dividere buoni e cattivi è storia vecchia. è successo negli anni ’70 (con l’essenziale aiuto del partito comunista che, proprio come Saviano, stava sempre dalla parte dei poteri costituiti), è successo dopo genova. ma questa volta ho come la sensazione che il giochino non gli riuscirà, troppo lucida e corente questa generazione, che la realtà gli brucia sulla pelle ogni giorno e il quadro mi sembra l’abbiano ben chiaro, in tutta europa, non solo qui. troppe persone sento in giro che iniziano a ragionare con la propria testa.. il re ormai è nudo, per chi lo vuol vedere.

i partigiani li impiccavano con il cartello BANDITEN. noi donnole qualche anno fa abbiamo fatto una mostra sulla resistenza delle donne e per presentarla tra l’altro avevamo scritto: “ci sembra importante e necessario parlare oggi di resistenza. infatti  qui ci troviamo, ancora a resistere, a combattere contro poteri forti, reali e materiali. Le risposte che vanno cercate sono metodi per destrutturare e distruggere questi poteri, metodi che possono essere diversi tra loro ma che devono essere efficaci. in questo senso la contrapposizione violenza-non violenza ci appare essere un falso problema. si sente dire spesso che utilizzare metodi violenti significa diventare come il potere che si combatte. le storie, i destini le parole e il sentimento di queste donne sembrano smentirlo. per loro agire è stata semplicemente una necessità. Forse è invece il ricer­care potere quello che può ren­dere sim­ili al potere e far ritornare la ruota al punto di partenza. E tocca purtoppo ancora ribadire che una cosa è la violenza del carnefice e un’altra quella di chi si ribella alla carneficina”.     appunto, a volte l’uso della forza (preferisco questa parola all’altra: violenza) diventa necessità.

l’importanze della giornata del 14 a roma è stata l’incontrarsi di tanti: studenti, gente che lotta sui territori come le donne di terzigno e quelli della val di susa, operai (la fiom di mirafiori ha chiesto un’assemblea con gli studenti), precari. l’importante è che tutte queste cose si incontrino e si ricompongano, che ci si riconosca come compagn@ di strada, che si cresca ognun@ in coscienza e comprensione, che si inizi davvero a dire basta, a ribellarsi, a costruire un’alternativa fuori da questo sistema mortifero, ognun@ con le sue forme e con i suoi modi.

semmai quello che è mancato davvero il 14 è stato lo sciopero generale, perchè a roma ci si doveva andare tutt@ e non lasciarli soli i ragazzini, i giovani, altro che condannarli! dobbiamo solo ringraziarli per tutto quello che hanno fatto in questi mesi, per la loro determinazione.

ps) per la cronaca: il black blok non è un gruppo politico nè una setta satanica, ma è stato un modo di stare in piazza tra i tanti, che si è espresso nella grande manifestazione di Seattle. consisteva nel non cercare lo scontro con le persone, con la polizia, ma nel concentrarsi su oggetti simbolici. si può dire che siano stati dei professionisti della comunicazione: la “battaglia di seattle” ha avuto eco in tutto il mondo ed è stata il punto di partenza del movimento noglobal.

in quanto a Saviano lo ringraziamo per Gomorra, poi non lo ringraziamo più…