roma 14 dicembre, qualche pensiero buttato lì

violenti provocatori criminali devastatori estremisti nichilisti autonomi terroristi antropologicamente fascisti  banditi sovversivi nichilisti teppisti blackblok incendiari canaglia “quelli dei centri sociali” infiltrati femministe isteriche……….questi sono solo alcuni dei nomi che vengono dati alle persone quando alzano la testa, quando si ribellano (se volete potete continuare voi, dato che la moda televisiva è quella delle liste)

per me la violenza vera è altra: è quella di questa economia di rapina, è quella di chi affama il mondo per il suo profitto, è quella di chi lo avvelena per accumulare denaro, è quella di chi costringe al precariato e al non futuro generazioni intere, è quella di chi ci vuole al lavoro come schiavi, è quella di chi specula su casa e sanità, è quella di chi distrugge scuole, università e cultura. violenza sono le guerre umanitarie e i lager per i migranti e i ghetti per i rom e i respinti in libia che muoiono nel deserto. violenza sono l’oro e i diktat della chiesa. violenza sono le discariche di terzigno (ma come mai saviano a terzigno non c’è andato?) e la chiazza di petrolio del golfo del messico. violenza è la casa degli studenti dell’Aquila che si sgretola come sabbia.   (e se volete potete continuare voi, dato che la moda televisiva è quella delle liste).

e la violenza il 14 a roma stava dentro il palazzo, nel loro teatrino della democrazia, nei loro lacchezzi, nel loro ignorare le voci di tanti, nei cordoni di polizia a proteggerli. e gli unici infiltrati sono stati quei tre che hanno fatto passare la fiducia.

per me ci si può ribellare in tanti modi: i metodi per farsi sentire, costruire alternative, contrastare poteri possono essere tanti e diversi tra loro. si può a volte costruire a volte distruggere, oppure si possono fare tutte e due le cose insieme. si può salire sui tetti e sulle gru per gridare la propria disperazione, per chiedere giustizia e diritti, si può cercare di costruire alternative all’interno di questo caos, lavorando nei propri territori, si possono mettere in discussione i propri comportamenti individuali, difendere i beni comuni dalla devastazione e dalla privatizzazione, boicottare merci, fare cultura in rete, costruire reti di reale solidarietà, si può spaccare un bancomat per indicare chiaramente i responsabili, per esprimere la propria rabbia, che è quella di molti (e se volete continuate anche questa di liste, che è sempre l’ultima moda televisiva). questa storia di dividere buoni e cattivi è storia vecchia. è successo negli anni ’70 (con l’essenziale aiuto del partito comunista che, proprio come Saviano, stava sempre dalla parte dei poteri costituiti), è successo dopo genova. ma questa volta ho come la sensazione che il giochino non gli riuscirà, troppo lucida e corente questa generazione, che la realtà gli brucia sulla pelle ogni giorno e il quadro mi sembra l’abbiano ben chiaro, in tutta europa, non solo qui. troppe persone sento in giro che iniziano a ragionare con la propria testa.. il re ormai è nudo, per chi lo vuol vedere.

i partigiani li impiccavano con il cartello BANDITEN. noi donnole qualche anno fa abbiamo fatto una mostra sulla resistenza delle donne e per presentarla tra l’altro avevamo scritto: “ci sembra importante e necessario parlare oggi di resistenza. infatti  qui ci troviamo, ancora a resistere, a combattere contro poteri forti, reali e materiali. Le risposte che vanno cercate sono metodi per destrutturare e distruggere questi poteri, metodi che possono essere diversi tra loro ma che devono essere efficaci. in questo senso la contrapposizione violenza-non violenza ci appare essere un falso problema. si sente dire spesso che utilizzare metodi violenti significa diventare come il potere che si combatte. le storie, i destini le parole e il sentimento di queste donne sembrano smentirlo. per loro agire è stata semplicemente una necessità. Forse è invece il ricer­care potere quello che può ren­dere sim­ili al potere e far ritornare la ruota al punto di partenza. E tocca purtoppo ancora ribadire che una cosa è la violenza del carnefice e un’altra quella di chi si ribella alla carneficina”.     appunto, a volte l’uso della forza (preferisco questa parola all’altra: violenza) diventa necessità.

l’importanze della giornata del 14 a roma è stata l’incontrarsi di tanti: studenti, gente che lotta sui territori come le donne di terzigno e quelli della val di susa, operai (la fiom di mirafiori ha chiesto un’assemblea con gli studenti), precari. l’importante è che tutte queste cose si incontrino e si ricompongano, che ci si riconosca come compagn@ di strada, che si cresca ognun@ in coscienza e comprensione, che si inizi davvero a dire basta, a ribellarsi, a costruire un’alternativa fuori da questo sistema mortifero, ognun@ con le sue forme e con i suoi modi.

semmai quello che è mancato davvero il 14 è stato lo sciopero generale, perchè a roma ci si doveva andare tutt@ e non lasciarli soli i ragazzini, i giovani, altro che condannarli! dobbiamo solo ringraziarli per tutto quello che hanno fatto in questi mesi, per la loro determinazione.

ps) per la cronaca: il black blok non è un gruppo politico nè una setta satanica, ma è stato un modo di stare in piazza tra i tanti, che si è espresso nella grande manifestazione di Seattle. consisteva nel non cercare lo scontro con le persone, con la polizia, ma nel concentrarsi su oggetti simbolici. si può dire che siano stati dei professionisti della comunicazione: la “battaglia di seattle” ha avuto eco in tutto il mondo ed è stata il punto di partenza del movimento noglobal.

in quanto a Saviano lo ringraziamo per Gomorra, poi non lo ringraziamo più…