ni una màs

Il cadavere di Susana Chàvez è stato ritrovato in un quartiere della periferia di Ciudad Juarez, con la testa avvolta in un sacco di plastica nero e una mano mozzata, come se la avessero voluta castigare per tutto quello che aveva osato scrivere e denunciare.

Susana aveva 36 anni, era poetessa e attivista per i diritti delle donne, da anni protestava contro i femminicidi nello stato di Chihuahua, lei aveva coniato lo slogan “Ni una màs”. Leggeva le sue poesie durante le manifestazioni per le donne scomparse e assassinate:

“Sangue mio, sangue di alba, sangue di luna tagliata a metà, sangue del silenzio”.

La morte risale al 6 gennaio, ma le autorità hanno consegnato il suo corpo cinque giorni dopo. Perché? La versione che la questura di Chihuahua vuole spacciare per vera è che si è trattato di un crimine comune che non aveva nulla a che vedere con il suo attivismo.

Ma l’assassinio di Susana segue quello di altre due sue compagne di lotta: Josefina Reyes, lo scorso 4 gennaio, e Marisela Escobado, il 16 dicembre. Dal 2009 sono13 i militanti per i diritti umani uccisi, uomini e donne, e l’autorità di Chihuahua non è stata capace di far luce su nessuno di questi omicidi, così come non è riuscita a risolvere i casi di femminicido, 466 solo lo scorso anno- o non ha voluto farlo. Una donna assassinata ogni 20 ore. E le organizzazioni delle donne, quasi sole, si oppongono a questa carneficina. Per questo le ammazzano.

E in Italia? Solo ieri due donne e un uomo uccis* dalla violenza maschile in provincia di Cagliari. Oggi a Viareggio il funerale di Rajmonda Zevi, uccisa dal marito l’ultimo dell’anno, il suo corpo buttato in un bosco e ritrovato dopo giorni.

Come quello delle desaparecidas di Ciudad Juarez, sepolte nel deserto.

E quante altre?

E noi, che vogliamo fare?