Firenze. Progetto Conciatori e Una Casa delle Donne

A Firenze già da anni le varie giunte si sono via via disfatte di parti del patrimonio immobiliare pubblico. Quella attuale non si smentisce e continua questa opera devastante, che toglie a tutti per dare a pochi speculatori.

Tra gli immobili messi in vendita  nella ultima tranche c’è un grande stabile nel quartiere di Santa Croce, sede di alcune associazioni e per il resto lasciato inutilizzato. In queste ultime settimane ci sono state varie assemblee per cercare un modo per contrastare la vendita. Sabato 6 novembre dalle ore 16 ci sarà una festa per strada in Via dei Conciatori, durante la quale saranno anche presentati vari progetti su cose che si potrebbero realizzare in questo spazio, invece di regalarlo alle banche e alle immobiliari per il loro profitto (Sotto il volantino)

Molti i bisogni e le idee  che sono venute fuori: da un centro diurno per gli anziani  a un laboratorio/galleria d’arte, dai laboratori di riciclo a un archivio sulla storia del quartiere. E ancora altri.

Noi donnole, che da tanto sogniamo un LUOGO (“…più circoli di cucito femministi e più ululati…”), abbiamo pensato di proporre la costruzione di una casa delle donne:

Per una Casa delle Donne

Virginia Woolf diceva che era necessaria una stanza tutta per sé per esistere. Noi vogliamo una casa tutta per noi. Una Casa delle Donne per stare insieme, parlare, confrontarci, scambiarci competenze.

Un luogo per costruire un lavoro artistico in comune, creare, riciclare, assemblare, cantare, suonare, ballare.

Un luogo in cui le donne maltrattate possano trovare solidarietà e aiuto materiale.

Dove poter tenere un corso di italiano per le donne migranti.

Dove poter svolgere un laboratorio di alfabetizzazione informatica per le donne.

Dove poter dare vita ad un laboratorio interculturale, per raccontarci le nostre storie, tradizioni, memorie, culture, saperi. Per combattere pregiudizi, stereotipi e razzismo.

Dove poter realizzare un punto di informazione su sessualità e contraccezione.

Dove poter tenere corsi di autodifesa per donne maltrattate.

Vogliamo una Casa delle Donne da abitare con le nostre relazioni per realizzare una condivisione di esperienze e saperi.

Una Casa in cui ciascuna possa trovare quella stanza tutta per sé che serve a dare inizio ad una nuova esistenza.

Inventala, costruiscila assieme a noi.

Che la sorellanza abbia inizio.


TUTTI I MERCOLEDI ALLE 18, ASSEMBLEA DI “PROGETTO CONCIATORI” IN VIA DEI CONCIATORI, nella sede del Circolo anarchico

Udienza preliminare per Vittorio Addesso, giovedì 2 dicembre Milano

Giovedì 2 dicembre alle 12 si terrà presso il tribunale di Milano l’udienza preliminare di Vittorio Addesso per violenza sessuale ai danni di Joy, donna nigeriana che ha avuto il coraggio di denunciarlo.

Da noi non siamo complici il documento che le compagne di diverse città hanno preparato insieme, l’invito è a una settimana di mobilitazione contro i CIE  dal 25 novembre e a partecipare al presidio sotto il tribunale il 2 dicembre a Milano:

Dalla parte di chi si ribella. Sempre!

Dopo qualche mese dall’uscita di Joy dal circuito Cie-carcere-Cie, ci siamo incontrate all’interno dell’appuntamento nazionale di Torino contro i Cie e le espulsioni (21-24 ottobre) per confrontarci tra compagne provenienti da varie città sul proseguimento della lotta contro i lager della democrazia.

L’imminente scadenza del 2 dicembre, giorno fissato per l’udienza preliminare dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso (alle ore 12), ci ha trovate ancora una volta unanimi nel rifiutarci di delegare allo Stato e ai suoi tribunali l’accertamento di una verità che già da un anno andiamo ribadendo: nei Cie la polizia stupra. Una verità che è emersa non appena la legge Turco-Napolitano ha creato i Cpt, nel 1998.

La quotidianità di ricatti sessuali e stupri contro le donne immigrate da parte di uomini in divisa dentro e fuori i lager della democrazia è, per noi, un dato di fatto. Come è un dato di fatto il sistema di connivenze che garantisce a questi aguzzini la licenza di fare ciò che vogliono dei corpi di uomini e donne reclusi nei Cie e in ogni altra istituzione totale.

I Vittorio Addesso possono esistere perché ci sono magistrati che denunciano le donne che, come Joy ed Hellen, hanno il coraggio di rompere il silenzio. Ricordiamo, infatti, che Antonella Lai, in qualità di giudice del processo contro le/i rivoltose/i di Corelli, in sentenza ha disposto la trasmissione degli atti alla procura per il reato di calunnia contro le due ragazze nigeriane.

I Vittorio Addesso possono esistere perché ci sono quelli che, come Massimo Chiodini, responsabile della Croce Rossa nel lager di Corelli, pur di garantirsi lauti profitti sono disposti a testimoniare il falso e a coprire gli abusi. Ma d’altronde che aspettarsi da chi ha scelto di ingrassare il proprio portafogli lavorando per gli enti gestori dei Cie? Che si chiami Croce Rossa o Lega Coop per noi non fa alcuna differenza, e ci fa lo stesso schifo.

I Vittorio Addesso possono esistere perché sanno che questori come Vincenzo Indolfi – ex questore di Milano, recentemente promosso a prefetto con funzione di ispettore generale di amministrazione del consiglio dei ministri – e ministri come Roberto Maroni faranno di tutto per espellere quell’immigrata che osi denunciare un poliziotto per violenza sessuale nel Cie.

Le continue ribellioni e fughe dai lager della democrazia dimostrano una sola cosa: i Cie vanno chiusi senza se e senza ma. Di quei luoghi non possono che rimanere macerie, per ricordare che per creare tali abominii non c’è bisogno di un regime nazista ma è sufficiente la logica disumanizzante dello sfruttamento di donne e uomini.

Non intendiamo essere complici di uno Stato che, dopo aver fatto di tutto per chiudere la bocca ad una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi contro il suo aguzzino, ancora una volta utilizzerà la logica ipocrita delle “mele marce” per farsi garante della giustizia.

Marcio, per noi, è tutto il sistema: chi costruisce i Cie, chi li gestisce, chi deporta donne e uomini immigrati e rom, chi discrimina a colpi di leggi, chi sfrutta lavoratori e lavoratrici, chi fa della sicurezza un’arma di comando e controllo, chi usa gli stupri per criminalizzare in base al passaporto e tace sulle violenze quotidiane che avvengono nella “sacra famiglia”, chi condanna le donne che reagiscono, senza delegare, a vessazioni e violenze.

Siamo dalla parte di chi si ribella, perché anche noi ci ribelliamo quotidianamente. Non ci interessano i rituali e le ipocrisie di chi si dichiara contro la violenza sulle donne e poi distingue o strumentalizza in base alle proprie convenienze.

Il 25 novembre 2009, quando ci siamo mobilitate contro i Cie in diverse città in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a Milano la polizia caricò con violenza e ripetutamente il presidio in piazzale Cadorna perché uno degli striscioni esposti diceva a chiare lettere che “Nei centri di detenzione per immigrati la polizia stupra”.

Quelle cariche avevano, da parte della questura milanese, il chiaro obiettivo di stroncare sul nascere lo smascheramento di connivenze e coperture sulle violenze sessuali nei Cie. Di molestie e stupri nei Cie non si doveva parlare, perché questo avrebbe aperto un varco nella cloaca del dispositivo. Ma il poliziesco atto di forza in piazzale Cadorna si palesò immediatamente per quanto era in realtà: un grande atto di debolezza e paura nei confronti di pratiche ed enunciati che andavano formandosi.

Nei mesi successivi intimidazioni e denunce si sono susseguite nei vari territori contro chi andava ribadendo la realtà della violenza quotidiana nei lager della democrazia, in particolare contro le donne immigrate. Tutto questo non ci ha fatte arretrare di un passo!

Ad un anno di distanza proponiamo che il prossimo 25 novembre sia l’inizio di una settimana di lotta contro i Cie come luoghi di sopruso ed abominio, dove la violenza di genere è pratica quotidiana, una lotta che ciascuna realtà declinerà come vuole nel territorio in cui agisce per poi convergere a Milano il 2 dicembre in un presidio sotto al tribunale, consapevoli di non essere lì per sostenere una “vittima”, ma una donna che si è ribellata alla violenza di un uomo – di un uomo in divisa. E non sarà che un nuovo inizio…

Tutte quelle che non intendono essere complici

Un grazie alle donne di Terzigno

Quello che sta accadendo a Terzigno mi ha fatto venire in mente una storia che Clarissa P. Estès racconta  in  ” Donne che corrono con i lupi”:

“Negli anni cinquanta una petroliera affondò sul lago Michi­gan. Il giorno dopo le madri strigli­a­vano i bam­bini mac­chiati di petro­lio. La nor­mal­iz­zazione dell’abnorme induceva le madri a rip­ulire i bam­bini e ad accettare poi i pec­cati delle raf­finerie, delle fab­briche, delle for­naci. Le donne recis­ero la loro giusta collera e poi si abit­u­arono.”

La nor­mal­iz­zazione della vio­lenza subita un giorno dopo l’altro induce  a restare in situ­azioni impos­si­bili, a perdere la capac­ità di ribellarsi, a voltare la testa dall’altra parte per non vedere, a sen­tirsi inca­paci di imporre le cose in cui si cre­de con tutto il cuore.

Per questo voglio ringraziare le donne (tante!) e gli uomini di Terzigno. Perchè hanno smesso di abbassare gli occhi e hanno alzato la testa. Perchè si sono ribellate/i. Perchè ci insegnano che non si può tacere per sempre di fronte a una carneficina quotidiana che distrugge tutto, che calpesta persone e diritti, che avvelena la terra per arricchire una banda di serial killer malati e senza scrupoli che pensano solo a riempirsi le tasche e non vedono più in là del loro naso. Stanno scancellando il futuro, la natura stessa, un disastro terribile che si spande come una macchia nera. Per il loro profitto stanno trasformando il mondo in un luogo invivibile.  Bisogna fermarli.  E certo ci vuole ben altro. E’ necessario riannodare tutti i fili, capire che tutte le cose sono collegate, che non si può pensare di cambiare una cosa se non cambia tutto, è necessario che forze disperse si colleghino e trovino obiettivi reali comuni, che si indichino i veri colpevoli. Ma ribellarsi è il primo passo, ed è giusto, come si diceva una volta.

“Quando le donne non par­lano, tace il nat­u­rale e il sel­vag­gio del mondo. Tac­ciono l’amore e le voci della con­sapev­olezza. Quando gli istinti sono dan­neg­giati, gli esseri umani nor­mal­iz­zano un assalto dopo l’altro, atti di ingius­tizia e di dis­truzione con­tro se stessi, con­tro i loro figli, la loro terra. Le donne che restano in silen­zio, cadono in un silen­zio mor­tale e nella dis­per­azione. Seguono fat­ica e rasseg­nazione. E la gab­bia si richi­ude.”

PER QUESTO UN GRAZIE ALLE DONNE DI TERZIGNO CHE, COME TANTE ALTRE OGNI GIORNO NEL MONDO, FINALMENTE QUELLA GABBIA L’HANNO APERTA.

“Arrivano momenti in cui è d’obbligo lib­er­are una rab­bia che scuota i cieli”

uomini che aiutano altri uomini a disertare il patriarcato e la violenza maschile

Con piacere presentiamo questa segnalazione di alfa gamma (disertore) che dalla mailinglist di femminismoasud ci invita a diffondere l’iniziativa

Lo “Sportello telefonico per l’ascolto del disagio maschile” nasce dalle esperienze dell’Associazione “Cerchio degli uomini” ed è un’iniziativa realizzata in collaborazione con la Provincia di Torino ed ha lo scopo di fare emergere il disagio relazionale maschile e di prevenire la violenza nei confronti delle donne e dei minori, all’interno della famiglia e nei vari ambiti sociali.

Il Cerchio degli uomini, prima come gruppo, poi come associazione, ha lavorato sulle questioni di genere a partire dal maschile per un cambiamento degli uomini che portasse ad una società basata sul riconoscimento delle differenze nel rispetto dei pari diritti ed opportunità tra i sessi e tra culture e religioni diverse, abbandonando la logica della prevaricazione e della violenza nella soluzione dei conflitti.

Abbiamo scelto, in accordo con la Provincia di Torino, di definire il servizio come ascolto del disagio maschile per lavorare nel sommerso del problema della violenza: il 95% delle violenze domestiche non viene denunciato, ma dimora nel silenzio, se ne conosce ancora abbastanza poco e gli uomini molto spesso non riconoscono la violenza e difficilmente se ne assumono la responsabilità. Si vuole inoltre approfondire attraverso quali percorsi ed in quali situazioni il disagio si trasformi in violenza e se e come dietro la violenza vi sia sempre un disagio che è spesso negato e rimosso, avallato dalla cultura e dalla collusione sociale.

Ci si avvale, dell’esperienza di 11 anni di gruppi di condivisione e confronto tra uomini e tra donne e uomini, della formazione come counselors di alcuni degli addetti al servizio, di formazioni specifiche nell’ambito della violenza alle donne ed ai minori e nel campo della gestione delle linee telefoniche in anonimato (help lines) dedicate ai disagi.

lunedì e martedì dalle 18 alle 19 e mercoledì, giovedì e venerdì dalle 12 alle 13

sud chiama nord: appello per una manifestazione delle donne a milano

Nata dalla discussione sulla mailinglist di femminismoasud ecco la proposta di una manifestazione contro la violenza sulle donne a Milano. Appuntamento indicativamente per la fine di novembre. Noi donnole siamo pochine  ma andremo:  la manifestazione è ANTISESSISTA, ANTIRAZZISTA, ANTIFASCISTA, proprio come piace a noi.

Di seguito l’appello:

Brutti venti spirano da nord. La maggior parte delle donne uccise da uomini, mariti/padri/fidanzati/figli/fratelli/ex, è stata ammazzata nel nord italia.

Siamo convinte che dal nord arrivi un rigurgito di autoritarismo che colpisce e discrimina tutte le fasce deboli. Dal nord arriva una cultura che legittima l’egoismo, la guerra tra poveri, la guerra tra sessi, l’intolleranza, l’omofobia, la lesbofobia, la transfobia, la repressione contro ogni forma di dissenso.

Dal nord arriva il rigurgito del sessismo più violento, per bocca di quotidiani che non lesinano campagne sgradevoli contro le donne, di politici che non risparmiano alle donne nessun insulto, di opinionisti che considerano le donne addirittura una razza nemica, di movimenti neomaschilisti che fanno guerra alle donne, giustificano uomini violenti, diffondono cultura di violenza per mantenere e ripristinare privilegi per la categoria.

Dal nord arrivano culture conservatrici e reazionarie che evocano un periodo vissuto al tempo di Mussolini durante il quale le donne dovevano solo fare figli, piacere, obbedire, essere fedeli alla patria, al marito e a dio.

Dal nord arrivano le proposte più gravi che minano il diritto di famiglia, la libertà di scelta delle donne che nel frattempo continuano ad essere però usate a scopo di intrattenimento e in pose sessiste per promuovere ogni genere di prodotto.

Dal nord arrivano gli atti più concreti che stanno smantellando uno ad uno ogni diritto acquisito per le donne, ogni struttura di riferimento, non ultimi i consultori e i centri antiviolenza.

Noi del sud abbiamo già vissuto numerose colonizzazioni culturali e non possiamo subire anche questa senza almeno provare a resistere sullo stesso terreno.

Perciò proponiamo una manifestazione contro la violenza maschile sulle donne, che si esprime in ogni forma, sia essa fisica, psicologica, istituzionale, economica, per la fine di novembre da svolgersi a Milano.

Le donne, femministe e lesbiche del sud vogliono prendere il traghetto, percorrere il “continente” e arrivare da “terrone” nella città simbolo dei contesti più culturalmente arretrati d’Italia. Vogliamo venire a dare forza alle sorelle, tante, e ai fratelli, tanti, che lì combattono e sono quotidianamente oggetto di repressione, se parlano, manifestano, fanno volantinaggio, gestiscono un sito internet, vivono.

Diteci se ci volete. Noi siamo pronte a partire. Chi è pront@ a partire con noi segua lo spezzone/striscione delle donne, femministe e lesbiche antisessiste, antirazziste, antifasciste.

Chi ha voglia di discutere della proposta di manifestazione può iscriversi alla mailing list, seguire questo blog o il blog che può essere prevalentemente dedicato alla manifestazione, a partire dalla campagna “Un lenzuolo contro la violenza sulle donne” che alcune sorelle diffondono anche su una pagina facebook.

Sud chiama Nord. Ci siete?

Prepariamo i sacchi a pelo?

Per il freddo polare, basteranno cappotto, guanti e sciarpa o ci vestiamo a strati?