Un grazie alle donne di Terzigno

Quello che sta accadendo a Terzigno mi ha fatto venire in mente una storia che Clarissa P. Estès racconta  in  ” Donne che corrono con i lupi”:

“Negli anni cinquanta una petroliera affondò sul lago Michi­gan. Il giorno dopo le madri strigli­a­vano i bam­bini mac­chiati di petro­lio. La nor­mal­iz­zazione dell’abnorme induceva le madri a rip­ulire i bam­bini e ad accettare poi i pec­cati delle raf­finerie, delle fab­briche, delle for­naci. Le donne recis­ero la loro giusta collera e poi si abit­u­arono.”

La nor­mal­iz­zazione della vio­lenza subita un giorno dopo l’altro induce  a restare in situ­azioni impos­si­bili, a perdere la capac­ità di ribellarsi, a voltare la testa dall’altra parte per non vedere, a sen­tirsi inca­paci di imporre le cose in cui si cre­de con tutto il cuore.

Per questo voglio ringraziare le donne (tante!) e gli uomini di Terzigno. Perchè hanno smesso di abbassare gli occhi e hanno alzato la testa. Perchè si sono ribellate/i. Perchè ci insegnano che non si può tacere per sempre di fronte a una carneficina quotidiana che distrugge tutto, che calpesta persone e diritti, che avvelena la terra per arricchire una banda di serial killer malati e senza scrupoli che pensano solo a riempirsi le tasche e non vedono più in là del loro naso. Stanno scancellando il futuro, la natura stessa, un disastro terribile che si spande come una macchia nera. Per il loro profitto stanno trasformando il mondo in un luogo invivibile.  Bisogna fermarli.  E certo ci vuole ben altro. E’ necessario riannodare tutti i fili, capire che tutte le cose sono collegate, che non si può pensare di cambiare una cosa se non cambia tutto, è necessario che forze disperse si colleghino e trovino obiettivi reali comuni, che si indichino i veri colpevoli. Ma ribellarsi è il primo passo, ed è giusto, come si diceva una volta.

“Quando le donne non par­lano, tace il nat­u­rale e il sel­vag­gio del mondo. Tac­ciono l’amore e le voci della con­sapev­olezza. Quando gli istinti sono dan­neg­giati, gli esseri umani nor­mal­iz­zano un assalto dopo l’altro, atti di ingius­tizia e di dis­truzione con­tro se stessi, con­tro i loro figli, la loro terra. Le donne che restano in silen­zio, cadono in un silen­zio mor­tale e nella dis­per­azione. Seguono fat­ica e rasseg­nazione. E la gab­bia si richi­ude.”

PER QUESTO UN GRAZIE ALLE DONNE DI TERZIGNO CHE, COME TANTE ALTRE OGNI GIORNO NEL MONDO, FINALMENTE QUELLA GABBIA L’HANNO APERTA.

“Arrivano momenti in cui è d’obbligo lib­er­are una rab­bia che scuota i cieli”