milena jesenkà

Nata nel 1896 in una distinta famiglia di Praga, studentessa non modello perché giovane inquieta e di talento, prima traduttrice di Kafka in ceco, Milena Jesenskà descrisse la Praga in fermento degli anni venti e trenta, fin dentro la Catastrofe che travolse tragicamente anche lei: deportata a Ravensbruck, lì morì il 17 maggio 1944.

Milena frequenta il liceo femminile Minerva di Praga, iniziando a crearsi quell’identità di intellettuale anticonformista, emancipata e vagamente “femminista” che caratterizzerà ogni sua azione. Terminato il liceo, non diventa medico come vorrebbe il padre ma, attratta da scrittori e letterati tedeschi ed ebrei, conduce un’esistenza libera e bohémien e si innamora di Ernst Polack. Per sfuggire al padre, che le vieta questa relazione, i due si sposano e fuggono a Vienna, ma la promiscuità erotica e sessuale di lui, allora diffusa nell’ambiente intellettuale, distrugge l’armonia del matrimonio, e conduce Milena a fare uso di stupefacenti.

Con un marito che non la desidera più e un padre che l’ha ripudiata, ella, tra gli altri lavori, inizia a scrivere articoli, ponendo le basi alla sua carriera di giornalista, ed a tradurre dal tedesco: saranno queste traduzioni e farle incontrare Franz Kafka.

Il loro amore sarà intenso, passionale ma difficile, contrastato dalla differenza di età e di personalità tra i due ma anche dalla malattia di lui, si incontreranno poche volte e proseguiranno tra lettere e telegrammi fino alla completa rottura, chiesta e decisa da Kafka, di cui ella racconterà nelle lettere scritte a Max Brod. Un amore che per Milena non finirà mai, sebbene ella abbia in seguito altri uomini e una figlia, prosegua la carriera giornalistica e diventi prima un’attiva militante comunista e, espulsa dal partito, si impegni poi per contrastare al massimo le persecuzioni razziali dei nazisti.

Milena morirà nel 1944 a 48 anni,  Margarete Buber Neumann ,sua compagna di prigionia, scriverà  il libro che avevano progettato di scrivere insieme, un libro per testimoniare l’orrore dei campi di concentramento e raccontare la vita dell’amica.

l’urlo

IO CREDO CHE SIANO UNA MANICA DI PAZZI

Affamati di potere

Malati di paura

Paura che qualcosa sfugga al controllo

Paura dell’ignoto e del pensiero e del corpo altrui

Paura che si trasforma in violenza e aridità e rinuncia e potere e possesso.

A volte mi sento una piccola donna- o una grande donna- sentimentale e penso che basterebbe solo un po’ d’amore.

Ma poi so che è anche molto difficile l’amore.

Intanto viviamo in questa merda. Bisogna mettere da parte le ingenuità, non lasciarsi sviare ma andare diritti per la strada dei nostri desideri, individuare il nemico- perché esiste un nemico, quello esterno (i carnefici sono ben reali), e quello dentro di noi- e ogni volta scegliere- perché c’è una scelta da fare.

Scacciamo la paura- io la sento a volte.

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magari il 13 porta fortuna

Noi  donnole abbiamo deciso di non partecipare alla manifestazione delle donne che ci sarà a Firenze domenica 13, proprio non ce la siamo sentita nel corpo e nel cervello, che insieme stanno, di accodarci a cotale appello. Neanche in uno spezzone critico. Con assoluto rispetto per chi lo ha fatto, che probabilmente hanno ragione. Forse ci siamo sbagliate e avrebbe avuto più effetto fare sentire una voce diversa dentro il corteo. Ma tant’è, abbiamo ascoltato i nostri sensi e i nostri desideri e abbiamo deciso di fare semplicemente un volantinaggio con gli ombrelli rossi, in piazza della Repubblica alle 15,30 .  Pensiamo che comunque , come dicono le Dumbles nell’articolo che postiamo qui sotto, il 13  ci possa portare fortuna. E’ stato occasione di forte dibattito, di chiarimenti di posizioni, di incontro e di scontro, una voce dissidente e disertrice  ha risuonato più forte.  Possiamo partire con più convinzione da qui per costruire autonomamente momenti nostri,  nati da noi, non dettati dall’agenda politica di questo molto trasversale  fronte anti-berlusconiano, da cui non vogliamo farci usare, che non ci rappresenta. Credo che questa rete di donne, e non solo donne, autonome e ribelli che da tempo ormai discute, lavora, scambia contributi, idee e progetti, abbia la forza per farlo.

A questo proposito un bell’articolo dal Friuli, dal blog delle Dumbles:

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dalla Spagna: cosa succede in Italia? E Berlusconi? E le donne?

Una nostra giovane amica vive in Spagna da alcuni anni. Lì una amica spagnola le ha chiesto di scrivere qualcosa su cosa sta succedendo in Italia.

“Cosa succede nel tuo paese con Berlusconi? e le donne?”. Questa è la domanda che sempre più spesso le viene fatta. Ci ha mandato quello che ha scritto e noi lo pubblichiamo con piacere:

Quando apro bocca, anche solo per dire “hola”, tutti capiscono che sono italiana. E’ una cosa che non posso evitare, il mio accento mi tradisce in ogni momento. Ed a partire da questo, è quasi inevitabile che mi domandino: “oh, Amanda, ma cosa succede nel tuo paese? Che succede con Berlusconi?”.

In questi giorni, nuovamente, la mia “italianità” torna a irrompere nel quotidiano, anche se io italiana mi sento molto poco. Questa volta la domanda è un po’ diversa: “Oh Amanda, che succede con Berlusconi e le donne?” Che succede alle donne nel tuo paese?”.

Quando penso a cosa succede in Italia alle donne, a dire il vero, la prima cosa che mi viene in mente non è quello che il “Cavaliere” fa nella sua villa privata con queste giovani ragazze. Quando mi si presenta questa questione mi vengono in mente molti temi: elementi culturali, sociali, politici, che si intrecciano tra loro e mi lasciano con una gran confusione in testa.

Dignità delle donne, dignità, dignità…

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