dalla Spagna: cosa succede in Italia? E Berlusconi? E le donne?

Una nostra giovane amica vive in Spagna da alcuni anni. Lì una amica spagnola le ha chiesto di scrivere qualcosa su cosa sta succedendo in Italia.

“Cosa succede nel tuo paese con Berlusconi? e le donne?”. Questa è la domanda che sempre più spesso le viene fatta. Ci ha mandato quello che ha scritto e noi lo pubblichiamo con piacere:

Quando apro bocca, anche solo per dire “hola”, tutti capiscono che sono italiana. E’ una cosa che non posso evitare, il mio accento mi tradisce in ogni momento. Ed a partire da questo, è quasi inevitabile che mi domandino: “oh, Amanda, ma cosa succede nel tuo paese? Che succede con Berlusconi?”.

In questi giorni, nuovamente, la mia “italianità” torna a irrompere nel quotidiano, anche se io italiana mi sento molto poco. Questa volta la domanda è un po’ diversa: “Oh Amanda, che succede con Berlusconi e le donne?” Che succede alle donne nel tuo paese?”.

Quando penso a cosa succede in Italia alle donne, a dire il vero, la prima cosa che mi viene in mente non è quello che il “Cavaliere” fa nella sua villa privata con queste giovani ragazze. Quando mi si presenta questa questione mi vengono in mente molti temi: elementi culturali, sociali, politici, che si intrecciano tra loro e mi lasciano con una gran confusione in testa.

Dignità delle donne, dignità, dignità…

Forse quando penso a quello che succede in Italia alle donne, la mia testa corre alle notizie quotidiane che leggo ogni giorno nel mio blog femminista preferito(http://femminismo-a-sud.noblogs.org/) . Assassinii di donne per mano di mariti, ex mariti, compagni, ex compagni. Notizie che i mezzi di comunicazione generalisti passano (se passano) come “delitti passionali”, “atti di gelosia”, “reazione alla rottura del matrimonio”.

Forse, quando sento parlare di dignità delle donne , penso a qual’è il prezzo di essere una donna immigrata in Italia oggi. Senza nessun diritto garantito, così come un uomo immigrato, ma con situazioni molto specifiche rispetto ai diritti sessuali e ai diritti riproduttivi, alle garanzie contro la violenza, ai diritti lavorativi, ai soprusi in quegli spazi extra-giudiziali che sono i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione).

Quando penso a quello che sta succedendo in Italia alle donne, penso anche alla mancanza di opportunità di lavoro per le persone giovani. E, se sei donna, il gran ventaglio di possibili discriminazioni che ti possono colpire: precarietà, mancanza di qualsiasi tipo di conciliazione, difficoltà di promozione, molestie.

O, forse, penso ai diritti sessuali e ai diritti riproduttivi, ogni volta più in pericolo in uno stato ultra cattolico (sia a sinistra che a destra). Penso ai dati della “obiezione di coscienza” dei/delle ginecologi/ghe che si rifiutano di fare aborti. In Italia sono in media intorno al 70%, (secondo i dati del Ministero della Salute per il 2010), e in alcune regioni si arriva a più dell’80%. Penso alla pillola del giorno dopo, molto difficile da procurarsi, perfino nella mia “avanzata” regione: la Toscana.

Oltre a questo, quando penso a quello che succede alle donne in Italia, mi risuona nella testa il silenzio degli uomini. Siamo noi donne che dobbiamo metterci in discussione, discutere con le altre donne. E il machismo e il sessismo che costituiscono i nuclei culturali centrali del “vero uomo italiano”, questi non si discutono? Come se i problemi “delle donne” non fossero in realtà problemi di tutta la società, di tutte e di tutti.

Ci sono molte questioni che mi passano per la testa quando pensa a quello che succede alle donne in Italia: la bandiera della “sicurezza cittadina”, che si costruisce manipolando l’idea che “le nostre donne non si toccano”; la crociata contro le donne prostitute; le discriminazioni e le violenza che si possono subire per essere lesbiche; l’assenza nei mezzi di comunicazione…e molte altre cose, non pretendo di essere esaustiva.

In Italia molte donne che “hanno voce”- la cui opinione arriva sui giornali, alla televisione, nei luoghi della legittimità- si stanno appellando alle donne perchè si mobilitino. E’ una chiamata alle “altre”, quelle che non si prostituiscono, quelle che sentono che tutto questa affaire di Berlusconi sta minando l’immagine delle donne “per bene”, sia nel paese che all’estero.

Non credo che la mobilitazione debba basarsi sulla divisione tra le “dignitose e le non dignitose”. Non so se questo è il mezzo per uscire dalla classificazione patriarcale che ci incasella in ruoli estranei e imposti. Quelli di sempre, “santa o puttana”, alla fine è una trappola per tutte.

Io, da fuori Italia, vedo che la mobilitazione delle donne è continua e costante.

Forse le donne della politica istituzionale italiana che in questi giorni stanno cavalcando il “tema donne”, credono che sia la classe politica- gli scandali di questi infimi club di potenti- che debbano marcare l’agenda delle “priorità delle donne”.

Tuttavia, più in là di quello che accade nei palazzi del potere, esistono altre realtà. Donne di diverse condizioni e nazionalità, femministe, attiviste di tutti i tipi, in Italia lavorano quotidianamente, tanto nelle relazioni politiche come nello spazio pubblico della politica. . Formano reti, si scambiano informazioni, denunciano soprusi, riflettono e si difendono. Quello che è vero è che tutte queste lotte non si vedono, non hanno spazio nella “prima serata” televisiva né sui mezzi di comunicazione di massa. E questo, nella società dello spettacolo, è sinonimo di “non esistere”.

Il 13 febbraio ci saranno manifestazioni in molte città italiane contro quello che sta succedendo alle donne in Italia, con lo slogan “se non ora, quando?”. Nonostante tutto, forse io andrei. Ma passerei il tempo cercando le altre, le “non dignitose”. Passerei il tempo concentrando l’attenzione su ciò che ci unisce come donne. Sui temi concreti della mancanza di diritti . E non sulla esaltazione di una moralità, di una dignità nazionale che non mi appartiene, nella quale non mi riconosco e che ci rende meno libere.