Ida Pfeiffer

IDA PFEIFFER -Austria 1797/1858

Da piccola Ida divora libri di viaggio, gioca scatenata con i suoi fratelli e rifiuta di indossare abiti femminili. Finchè non viene costretta ad un matrimonio di convenienza con un uomo molto più anziano di lei.

Quando i figli diventano adulti decide di riprendersi la sua libertà e, grazie all’eredità della madre, può realizzare il suo desiderio: viaggiare in paesi lontani. Studia i percorsi, legge i resoconti, studia come conservare le piante, impara le lingue straniere.

Tra il 1842 e il 1858, anno della sua morte, Ida intraprende cinque viaggi della durata di alcuni anni. È una donna estremamente coraggiosa e tenace, che non teme strapazzi di sorta. Viaggiando, condivide spesso la vita degli indigeni e usa i loro mezzi di trasporto. I suoi viaggi la portano dappertutto, dall’Islanda all’Estremo oriente al continente americano compiendo più volte il giro del mondo. Si reca, prima donna bianca, nella giungla di Sumatra. Morirà  a Vienna, poco tempo dopo essere rientrata dal suo ultimo viaggio in Madagascar.

Ida ha raccontato le esperienze dei suoi lunghi viaggi in 13 volumi di diari, tradotti in sette lingue.

Lucy Parsons

Lucía Eldine González. USA (1853-1942)

Anarchica, femminista e moglie dell’anarchico Albert Parsons, col cognome del quale sarà conosciuta come Lucy Parsons. Vive fin da subito le discriminazioni di classe, di razza e di genere. Nata in Texas, era una meticcia figlia di una messicana e di un indio Creek , ma vantava anche discendenze nero africane.

Dopo il matrimonio è costretta a fuggire con il marito dalla violenza razzista di chi non sopportava l’esistenza di una coppia mista. Intorno al 1873 i due si trasferiscono a Chicago, lui trova lavoro al Chicago Tribune in qualità di “compositore” . Entrambi sono sindacalmente attivi in un’epoca in cui questo significava essere bollati come sovversivi. Infatti, proprio per questa sua attività, Albert sarà licenziato. È lei allora a mantenere la famiglia (ha due figli) con il suo lavoro di sarta.

Fino all’inizio degli anni 80, la coppia lavora senza sosta all’organizzazione di manifestazioni, comizi e conferenze sindacali, oltre che alla stesura di articoli contro la classe sfruttatrice. Lucy è attivissima all’interno della Unione delle Donne Lavoratrici.

Il 3 maggio 1885 davanti alle fabbriche Mc Cormik si svolge un presidio di lavoratori per impedire azioni di crumiraggio, durante il quale molti oratori-anarchici arringano la folla; al termine dell’iniziativa, alcuni agenti delle “forze dell’ordine” caricano i manifestanti, iniziando a sparare all’impazzata. Il risultato è di quattro morti e centinaia di feriti.

Il giorno seguente, ventimila lavoratori e lavoratrici si ritrovano nuovamente in Haymarket square, il luogo della strage. La polizia carica violentemente i manifestanti. Nella confusione una bomba scoppia in mezzo ad un plotone di poliziotti. In seguito saranno arrestati degli anarchici, tra cui Albert Parsons. Il processo a loro carico termina, tra menzogne e prove artefatte, con la sentenza che condanna sette di loro, compreso il marito di Lucy, all’impiccagione. Sentenza eseguita l’11 novembre 1887.

Lucy continua la sua lotta, scrive articoli per i giornali anarchici, due libri e partecipa alla fondazione degli Industrial Workers of the World nel 1905.

Per 62 anni, tanto è durata la sua attività politica, è stata sempre tenuta attentamente sotto controllo dalla polizia di Chicago, che la considerava una minaccia per il cosiddetto ordine costituito.


frida kahlo

FRIDA KAHLO Messico 1907/1954

L’esistenza di Frida cambia a 19 anni, quando un incidente su un autobus le provoca lesioni al bacino e la frattura delle vertebre. Un corrimano le trafigge la schiena, provocandole una forte emorragia. Durante la sua vita dovrà sottoporsi a trentadue operazioni, portare busti costrittivi, a subire continui stiramenti della colonna vertebrale.

Subito dopo l’incidente, è costretta a mesi di immobilità nel suo letto. Così inizia a dipingere: il suo primo soggetto è il suo piede che riesce ad intravedere dalle lenzuola. La madre le regala un nuovo letto a baldacchino, sopra il quale viene installato uno specchio. All’inizio il “regalo” la sconvolge totalmente, in quanto a causa della posizione supina che deve mantenere è costretta a vedersi dritta in faccia. Da qui il tema dell’autoritratto che l’accompagnerà tutta la vita: “Perchè mi dipingo? Perchè sono il soggetto che conosco meglio”.

In seguito porta i suoi dipinti a Diego Rivera, grande muralista, per avere una sua critica. Rivera rimane colpito dallo stile della giovane artista e la aiuta ad inserirsi nella scena culturale messicana. I due si sposano nel 1929: la loro sarà una storia tempestosa, piena di passione e di tradimenti.

Frida diviene un’attivista del partito comunista messicano, cui si iscrive nel 1928. Successivamente si allontanerà dal partito, dopo l’espulsione di Rivera

Il rapporto ossessivo con il suo corpo martoriato caratterizza uno degli aspetti fondamentali della sua arte: crea visioni del corpo femminile non più distorto da uno sguardo maschile. Allo stesso tempo coglie l’occasione di difendere il suo popolo attraverso gli autoritratti, facendovi confluire quel folclore messicano e quell’autobiografismo utopico che li rende originali rispetto alla canonica pittura di storia.

Rosa Luxemburg

 

In una lettera a Luise Kautsky, la moglie di Karl, il grande leader della socialdemocrazia tedesca, così scriveva Rosa Luxemburg nel 1915 dal carcere: “Ho bisogno dopotutto che qualcuno mi creda, quando dico che solo per sbaglio sono presa nel turbine della storia del mondo, ma in realtà sono nata per stare a custodire le oche”.

Ma fu la grande e terribile storia del mondo a segnare irrimediabilmente la sua vita, da quando appena sedicenne si era iscritta al partito socialista rivoluzionario polacco fino alla morte violenta nella Berlino del gennaio 1919 per mano assassina, armata dal governo socialdemocratico.

Rosa nasce nel 1870 a Zamosc in Polonia da una agiata famiglia ebraica di idee liberali e antizariste. A Zurigo, dove si era rifugiata per sfuggire alla polizia zarista, studia gli economisti classici e Marx ed entra in contatto con gli uomini dell’Internazionale socialista. Nel 1887 si trasferisce in Germania e diventa in breve tempo uno dei più prestigiosi esponenti della socialdemocrazia tedesca.

La Luxemburg si contraddistingue, nel movimento socialista internazionale, per la profonda persuasione che il riscatto delle masse diseredate deve accompagnarsi al riscatto della libertà di ogni singolo uomo, la quale non può essere sacrificata alla indistinzione della massa.

In secondo luogo ella pensa, a differenza di Kautsky e contro il suo determinismo meccanicistico, che il socialismo non sia l’esito inevitabile della storia, bensì solo una possibilità – certo non astratta, bensì presente concretamente nel grembo della storia -, sicché il tramonto del capitalismo, questo sì inevitabile, e la sua degenerazione, aprono drammaticamente un dilemma: o socialismo o barbarie. Di qui l’importanza della volontà cosciente degli uomini: “la vittoria del socialismo non cadrà dal cielo come un fato”, ma non potrà che essere l’esito, non garantito da nessuna necessità, di una lotta da condurre quotidianamente.

L’esplosione della guerra, e l’adesione ad essa del partito socialdemocratico tedesco, avrebbero indotto Rosa, in carcere per gran parte degli anni di guerra, a dare vita nel 1914 alla Lega di Spartaco che, preso il nome di partito comunista tedesco, avrebbe tentato nel 1919 l’insurrezione rivoluzionaria a Berlino, in cui ella avrebbe trovato la morte.

Gli argomenti fondamentali che ritroviamo nei suoi scritti (i principali: “Riforma sociale o rivoluzione” del 1898 e “L’accumulazione del capitale” del 1913) vanno dal rifiuto della revisione in senso riformistico e gradualistico del marxismo avanzata da Bernstein al modo di intendere, diversamente da Lenin, i rapporti tra classe e partito, dal rifiuto della guerra al giudizio sull’Ottobre del 1917, fatto di adesione alla sua ispirazione sovietista, ma anche di critica alla teorizzazione delle misure repressive e autoritarie decise da Lenin.

carla lonzi

titolo originale immagine: Carla Lonzi

Carla Lonzi (1931-1982) nel 1970 aveva trentanove anni. Era una critica d’arte molto raffinata quando lascia la professione per dedicarsi al lavoro di coscienza del femminismo: una scelta di contestazione della cultura maschile e di rifiuto dell’integrazione. Il Manifesto di Rivolta Femminile pubblicato nel luglio1970 dichiara le proprie scelte radicali e propone un pensiero e una pratica “dell’autocoscienza” che destano scalpore e non poche ostilità. Scritto con Carla Accardi e Elvira Banotti, il “manifesto” contiene in nuce tutti gli argomenti d’analisi che il femminismo avrebbe fatto propri: l’attestazione e l’orgoglio della differenza contro la rivendicazione dell’uguaglianza, il rifiuto della complementarietà delle donne in qualsiasi ambito della vita, la critica verso l’istituto del matrimonio, il riconoscimento del lavoro delle donne come lavoro produttivo e non ultimo la centralità del corpo e la rivendicazione di una sessualità autonoma svincolata dalle richieste maschili.

Nella stessa estate Carla Lonzi pubblica – con la Casa Editrice Scritti di Rivolta Femminile da lei fondata con le sue compagne – Sputiamo su Hegel una critica all’impostazione patriarcale della politica e della rivoluzione propugnata dalla sinistra e, nel 1971, La donna clitoridea e la donna vaginale che pone riflessioni radicali sulla sessualità femminile e maschile e sulla storia della cultura. Fortemente anti-ideologica, avvertì ed espresse, in numerosi contesti, il timore che le sue riflessioni potessero essere trasformate in decaloghi del femminismo e in capisaldi ideologici.
L’uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli. Identificare la donna all’uomo significa annullare l’ultima via di liberazione. Liberarsi per la donna non vuoi dire accettare la stessa vita dell’uomo perché è invivibile, ma esprimere il suo senso dell’esistenza. La donna come soggetto non rifiuta l’uomo come soggetto, ma lo rifiuta come ruolo assoluto. Nella vita sociale lo rifiuta come ruolo autoritario.

Il porsi della donna non implica una partecipazione al potere maschile, ma una messa in questione del concetto di potere.

La donna clitoridea rappresenta il tramandarsi di una femminilità che non si riconosce nell’essenza passiva.

Immagine aspirata a Flickr con Dnnl AspiraMedia
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