carla lonzi

titolo originale immagine: Carla Lonzi

Carla Lonzi (1931-1982) nel 1970 aveva trentanove anni. Era una critica d’arte molto raffinata quando lascia la professione per dedicarsi al lavoro di coscienza del femminismo: una scelta di contestazione della cultura maschile e di rifiuto dell’integrazione. Il Manifesto di Rivolta Femminile pubblicato nel luglio1970 dichiara le proprie scelte radicali e propone un pensiero e una pratica “dell’autocoscienza” che destano scalpore e non poche ostilità. Scritto con Carla Accardi e Elvira Banotti, il “manifesto” contiene in nuce tutti gli argomenti d’analisi che il femminismo avrebbe fatto propri: l’attestazione e l’orgoglio della differenza contro la rivendicazione dell’uguaglianza, il rifiuto della complementarietà delle donne in qualsiasi ambito della vita, la critica verso l’istituto del matrimonio, il riconoscimento del lavoro delle donne come lavoro produttivo e non ultimo la centralità del corpo e la rivendicazione di una sessualità autonoma svincolata dalle richieste maschili.

Nella stessa estate Carla Lonzi pubblica – con la Casa Editrice Scritti di Rivolta Femminile da lei fondata con le sue compagne – Sputiamo su Hegel una critica all’impostazione patriarcale della politica e della rivoluzione propugnata dalla sinistra e, nel 1971, La donna clitoridea e la donna vaginale che pone riflessioni radicali sulla sessualità femminile e maschile e sulla storia della cultura. Fortemente anti-ideologica, avvertì ed espresse, in numerosi contesti, il timore che le sue riflessioni potessero essere trasformate in decaloghi del femminismo e in capisaldi ideologici.
L’uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli. Identificare la donna all’uomo significa annullare l’ultima via di liberazione. Liberarsi per la donna non vuoi dire accettare la stessa vita dell’uomo perché è invivibile, ma esprimere il suo senso dell’esistenza. La donna come soggetto non rifiuta l’uomo come soggetto, ma lo rifiuta come ruolo assoluto. Nella vita sociale lo rifiuta come ruolo autoritario.

Il porsi della donna non implica una partecipazione al potere maschile, ma una messa in questione del concetto di potere.

La donna clitoridea rappresenta il tramandarsi di una femminilità che non si riconosce nell’essenza passiva.

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