la rivolta è globale

Un  articolo di Valerio Evangelisti da Carmillaonline:

Dal Wisconsin al Nordafrica, passando per l’Europa: rivolta globale contro il neoliberismo

di Valerio Evangelisti

Sono state largamente ignorate, in Italia, le proteste esplose nel Wisconsin e nell’Ohio, dopo la decisione di due governatori reazionari di falcidiare i pubblici impiegati (dagli insegnanti agli infermieri) e di limitare i loro diritti sindacali. Nel Wisconsin, a fronte di provvedimenti che avrebbero condotto al licenziamento di migliaia di lavoratori, e lasciato il singolo senza uno straccio di contratto collettivo solo e inerme davanti al padrone, una folla ha occupato il Campidoglio di Madison, capitale dello Stato, defenestrando di fatto le autorità elette. Uno dei leader storici della sinistra americana, il reverendo Jesse Jackson, ha infiammato con i suoi discorsi decine di migliaia di persone. In Ohio i sindacati hanno radunato folle equivalenti (per tenersi informati, leggere The Nation o Mother Jones, organi storici della sinistra Usa).

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l’urlo

IO CREDO CHE SIANO UNA MANICA DI PAZZI

Affamati di potere

Malati di paura

Paura che qualcosa sfugga al controllo

Paura dell’ignoto e del pensiero e del corpo altrui

Paura che si trasforma in violenza e aridità e rinuncia e potere e possesso.

A volte mi sento una piccola donna- o una grande donna- sentimentale e penso che basterebbe solo un po’ d’amore.

Ma poi so che è anche molto difficile l’amore.

Intanto viviamo in questa merda. Bisogna mettere da parte le ingenuità, non lasciarsi sviare ma andare diritti per la strada dei nostri desideri, individuare il nemico- perché esiste un nemico, quello esterno (i carnefici sono ben reali), e quello dentro di noi- e ogni volta scegliere- perché c’è una scelta da fare.

Scacciamo la paura- io la sento a volte.

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2 febbraio: rito abbreviato per Vittorio Adesso

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(e la domanda mi sorge spontanea: perchè per Concita e compagnia queste donne sono invisibili? non sono donne reali? )

2 febbraio: rito abbreviato per Vittorio Addesso

Mercoledì 2 febbraio alle 10 si terrà presso il tribunale di Milano (corso di Porta Vittoria) il processo con rito abbreviato contro Vittorio Addesso, ispettore capo di polizia che ha cercato di violentare Joy, una donna nigeriana, nel lager per immigrate/i di via Corelli nell’agosto 2009.

Saremo presenti con un volantinaggio in appoggio a Joy e al suo coraggio di ribellarsi alla violenza e di denunciare pubblicamente le sopraffazioni e le violenze che vivono le donne immigrate in Italia anche da parte dei rappresentanti dello Stato.

Sottoscriviamo e pubblichiamo l’appello lanciato per il 2 febbraio dalle compagne contro i Cie di Roma.

Noinonsiamocomplici

APPELLO PER IL 2 FEBBRAIO

Mercoledì 2 febbraio ci sarà a Milano il processo con rito abbreviato per la denuncia fatta da Joy contro l’ispettore di PS Vittorio Addesso.

Noi ci saremo. Vogliamo essere con Joy anche in questa tappa della sua ribellione alle violenze e ai soprusi che ha subito.

Joy si è ribellata per se stessa, ma anche per tutte quelle che, nella stessa situazione, non hanno avuto il modo o il coraggio di farlo e per tutte quelle che troveranno, nel suo esempio, la forza per non subire.

La sua vicenda è emblematica. Le istituzioni pensano che quelle/i che hanno subito violenza per mano dei loro funzionari, staranno zitte/i per non subire ulteriori vessazioni, contando, anche, sull’omertà di chi, pure, è a conoscenza dei fatti.

Se questo non succede c’è la vendetta, come è accaduto per Joy, che è stata pestata, insieme alle sue compagne, da Addesso e commilitoni, con la scusa della rivolta di Corelli.Anche qui nel silenzio di chi vede e sa.

Se la ritorsione non funziona, come non ha funzionato con Joy, che, al processo per la rivolta di Corelli, ha denunciato la violenza sessuale ed il successivo pestaggio, allora c’è la denuncia per calunnia che, anche in questo caso, accomuna Joy a tutte le vittime della violenza delle istituzioni e ai loro familiari che hanno il coraggio di rendere pubbliche le vicende.

Joy è stata denunciata per calunnia direttamente al processo e da un giudice donna.

Per inciso, questo è successo anche alla madre di Aldrovandi ed alla sorella di Uva.

Le istituzioni usano, di norma, la denuncia e la querela, contro quelle /i che osano chiedere loro conto di violenze e/o ingiustizie subite, perchè sono consapevoli della disparità dei rapporti di forza.

Ma Joy non è stata lasciata sola.

Le compagne e i compagni solidali, le femministe e le lesbiche, fra denunce e manganellate, hanno reso pubblico tutto quello che le è successo.

Le femministe e le lesbiche non si sono demoralizzate neanche quando hanno contattato, invano, realtà che, pur prendendo per questo finanziamenti pubblici, si sono mostrate evasive e sfuggenti.

Sono riuscite, ugualmente, a tirare fuori Joy dal circuito perverso in cui era chiusa.

Per tutto questo, i meccanismi abituali, messi in atto dalle istituzioni, non hanno funzionato.

Ora, lo stato ha un’ultima carta da giocare, quella della mela marcia: scaricherà tutta la responsabilità su Addesso imputando quello che è successo ad un “riprovevole comportamento personale”.

Noi sappiamo che non è così.

Il compito delle istituzioni in divisa è di tenere a bada, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, il dissenso e, in cambio, hanno l’immunità e l’impunità.

E le donne rinchiuse nei Cie sono bottino di guerra.

La storia di Joy ci racconta la violenza di genere, ma anche quella delle istituzioni, la violenza nelle strutture chiuse di detenzione, ma anche quella nei confronti delle migranti e dei migranti, nuove schiave e nuovi schiavi, ed infine la violenza dello stato nei confronti di tutte/i quelle/i che osano ribellarsi.

La storia di Joy ci insegna che ribellarsi è necessario, perché solo così si può spezzare omertà e silenzio, che quelle/i che si ribellano non devono essere lasciate/i sole/i, che non è il caso di contare su strutture paraistituzionali che fanno quasi sempre un passo indietro quando prendere posizione su soprusi, vessazioni, violenze significa mettere in discussione alleanze, convenienze, interessi, che è necessario autorganizzarsi e costruire un’altra società.

RIBELLARSI SEMPRE RIBELLARSI TUTTE!!

CHIUDERE TUTTI I CIE!!

Donne-femministe-lesbiche contro i Cie, Roma

intervista a Beatriz Preciado

Traduco con piacere questa intervista alla filosofa Beatriz Preciado apparsa su kaosenlared.

Ringraziando Lafra e il suo articolo sul postporno.

Intervista a Beatriz Preciado: “La sessualità è come le lingue. Tutti possiamo apprenderne molte”

di Luz Sánchez-Mellado | El país

Si muove per il Centro Pompidou di Parigi come Pedro in casa sua. Lo scenario le va a pennello. Alta, androgina, alternativa. Sperimentale. Preciado non ha problemi ad esibire la sua interiorità per spiegarsi a se stessa e al mondo. Autrice del “Manifesto controsessuale”- una spesie di bibbia del movimento transgender o queer- e di “Testo tossico”- dove spiega gli effetti che provoca nella sua vita sessuale la autosomministrazione di testosterone- questa trentanovenne di Burgos vive come pensa e pensa come vive. In costante rivoluzione contro le norme che determinano politicamente il sesso, il genere, il modo di cercare e di ottenere piacere. Filosofa, attivista alternativa e professoressa all’Università Parigi VIII, ha ha appena vinto il Premio Anagrama de Enzayo con “Pornotopia”, un saggio sull’impero Play Boy.

Quando aveva nove anni qualcuno telefonò a sua madre e disse: “sua figlia è una virago”. Ha sofferto da bambina?

Andavo in un collegio di monache, però non ho mai avuto problemi a causa del fatto che ero diversa. Quando mi chiedevano cosa volevo essere da grande, rispondevo: uomo. Mi vedevo come uomo perchè loro avevano accesso alle cose che volevo fare: astronauta o medico. Non l’ho mai vista come una cosa vergognosa o traumatica, era qualcosa a cui credevo di avere diritto.

Da piccola avevo anche un salvadanaio per farmi il cambio di sesso.

Che riferimenti aveva a quel tempo: Burgos, primi anni ottanta?

Nessuno. Mi muovevo in un mondo in cui il riferimento era la parrocchia, immaginati.

Allora si è orientata per istinto?

Da bambina sì. La scuola media è stata fondamentale. Simona, una maestra con un figlio autistico, riunì dei bambini con problemi e creò una classe. Il gruppo G. Autistici, superdotati, strani. Otto marziani brutti e atroci. Terribili, ma coccolati. Adoravo i miei professori, erano molto aperti col mio modo di essere.

Da allora ad oggi, come sopportano i suoi genitori il suo attivismo sessuale?

E’ stato traumatico e continua ad esserlo. Mio padre era un imprenditore rispettabile. Mia madre sarta per spose. Sono figlia unica. Immagino che si aspettassero altre cose da me. Sono religiosi e di destra, come si è di destra a Burgos, in modo irriflessivo. In quel contesto sono stata ribelle, non perchè lo volessi, ma perchè qualsiasi cosa facessi scandalizzava. Io ero un ufo, sì, ma non l’ho vissuto come qualcosa da nascondere.

Da dove viene la sua ribellione, se non soffre di essere come è?

Per me la cosa più dura è vedere come la gente si lascia reprimere.

Allora è una ribellione solidale? Continue reading