il coraggio di Joy ed Hellen

da  macerie il resoconto della giornata di ieri durante il presidio sotto il tribunale (a Milano) per manifestare solidarietà a Joy ed Hellen in occasione dell’incidente probatorio che le ha viste faccia a faccia con l’ispettore capo del Cie di Via Corelli Vittorio Addesso,accusato da Joy di tentata violenza sessuale:

Torna in piazza a Milano lo striscione proibito, quello del 26 novembre. Questa volta di fronte al Tribunale, proprio in mezzo al presidio in solidarietà con Joy ed Hellen e contro i Centri per senza-documenti: «Nei Cie la polizia stupra». Quando viene aperto, in mezzo alla strada e sulle striscie pedonali, poliziotti e carabinieri si agitano e si schierano, poi, con due piccole cariche, schiacciano i manifestanti verso il marciapiede. Ma il presidio tiene, e lo striscione proibito rimane in bella mostra.

Intanto, dentro al Tribunale, Joy ed Hellen confermano il loro racconto, e lo fanno diritte in faccia a Vittorio Addesso, che era lì in aula nascosto dietro ad un paio di occhiali da sole insieme al suo difensore, un avvocato dello studio La Russa di Milano. Ma ora che sono state ascoltate dal giudice, Joy ed Hellen rischiano di nuovo l’espulsione: oramai il processo può continuare senza di loro e fra pochissimi giorni, l’11 giugno, scadrà la proroga del trattenimento nel Centro. Bisogna tenere l’attenzione alta, e far quel che si può perché non rinnovino loro il trattenimento per altri due mesi ancora, come è successo qui a Torino per Debby e Priscilla.

8 giugno, Milano-presidio per Joy

da noinonsiamocomplici:

A FIANCO DI JOY ED HELLEN CONTRO CIE E DEPORTAZIONI

Milano 8 giugno dalle 14.30 – presidio sotto il tribunale (c.so di Porta Vittoria)

per manifestare la nostra solidarietà a Joy ed Hellen in occasione dell’incidente probatorio

che, dalle 15.30, le vedrà faccia a faccia con l’ispettore capo del Cie Vittorio Addesso, accusato da Joy di tentata violenza sessuale

Una sera d’estate Joy, una ragazza nigeriana vittima di tratta, porta il proprio materasso fuori dalla cella del Centro di identificazione ed espulsione di via Corelli a Milano. Preferisce dormire nel corridoio, dove fa più fresco.

Durante la notte si sveglia di soprassalto: sul suo corpo le mani di Vittorio Addesso, ispettore-capo del Cie, che si è sdraiato sopra di lei. Joy lo respinge con forza e decisione, altre donne la sostengono.

Un “normale” episodio di brutale – e sessista – amministrazione all’interno di un Cie, dove gli aguzzini dominano incontrastati, forti delle connivenze dei gestori di quei lager per immigrate/i.

Alcuni giorni dopo nel Cie di Milano scoppia la rivolta contro il “pacchetto sicurezza”. Joy e le altre donne che l’avevano aiutata vengono brutalmente picchiate, nude, dall’ispettore Addesso e colleghi, e arrestate: una chiara rappresaglia da parte di chi mette in atto ricatti sessuali e molestie e non intende accettare il rifiuto.

Durante le udienze del processo ai rivoltosi, Joy denuncia la tentata violenza da parte dell’ispettore. Hellen, sua compagna di stanza, conferma l’accaduto, diventando la sua testimone.

La Croce Rossa, nella figura del responsabile Massimo Chiodini, nega le responsabilità dell’ispettore-capo di polizia.

La giudice, voce della “giustizia” italiana, denuncia entrambe le donne per calunnia.

Tutte e cinque le donne imputate vengono condannate a sei mesi di carcere per la rivolta.

A febbraio, terminata la pena, vengono riportate in un Cie, dove a tutt’oggi tre di loro si trovano rinchiuse con la prospettiva di essere deportate in Nigeria, una prospettiva che per Joy ed Hellen, come per tante/i altre/i, equivale ad una condanna a morte.

L’8 giugno a Milano si terrà l’incidente probatorio, udienza durante la quale si troveranno faccia a faccia Joy, Hellen e Vittorio Addesso.

Con Joy, dietro a Joy, vi sarà tutto il mondo dei Cie, fatto di controllo, intimidazioni, abusi e violenze sui corpi rinchiusi. Dietro Vittorio Addesso starà tutta la gerarchia degli aguzzini, fino ad arrivare in alto, al ministero dell’interno e ad uno stato che vuole, gestisce e controlla quei lager. Uno stato che, nella figura di un suo servo, si troverà per l’ennesima volta come parte accusata in un’aula di tribunale da cui, molto probabilmente, ne uscirà assolto.

Ma non è da quell’aula di tribunale che ci aspettiamo una rottura con un consolidato meccanismo di violenze, abusi e ricatti, meccanismo che si esplicita quotidianamente dentro le mura di ogni Cie.

E’ urgente la presa di posizione di ognuna/o di noi contro le complicità che permettono l’esistenza di un lager di stato e coprono gli abusi che vi avvengono quotidianamente.

Per questo l’udienza che si terrà a Milano l’8 giugno, preceduta da una settimana internazionale di lotta contro le deportazioni, chiama tutte e tutti a fare una scelta di parte, ad opporsi e ad esserci.

Una mobilitazione fattiva che arrivi a concretizzare il vero obiettivo: la lotta per la distruzione di tutti i Cie, che è anche lotta per la nostra libertà e la nostra autodeterminazione all’interno di un paese-laboratorio sociale governato da uno stato di polizia.

NOINONSIAMO COMPLICI

appello per una settimana di mobilitazione contro le deportazioni-1-6 giugno 2010

dahttp://noinonsiamocomplici.noblogs.org/

Fonti: NoBorderStopDeportation

Chiamata per una Settimana di azioni contro la Macchina delle Deportazioni

1 – 6 giugno 2010

Le deportazioni sono diventate una parte integrale del sistema delle Regime europeo sull’immigrazione. Centinaia di rifugiati/e e di migranti sono forzatamente deportati/e ogni giorno per fare ciò che le persone hanno fatto per milioni di anni: emigrare alla ricerca di una vita migliore, scappare dalla povertà, dalle persecuzioni, dagli abusi, dalle discriminazioni, dalla guerra etc. Il diritto di viaggiare e vivere dove si vuole è negato a tutti e tutte coloro che hanno un diverso colore della pelle, passaporto e conto in banca. Queste persone sono trattate come ‘criminali’ e incarcerati in prigioni speciali che chiamano con altri eufemismi (centri di rimozione, case rifugio e così via). Gli abusi razzisti e sessisti e la violenza fisica, agiti dalla polizia che si occupa di immigrazione e dalle guardie private, sono istituzionalizzati e legittimati dall’uso della forza nelle operazioni di deportazioni

Dietro le deportazioni si nasconde un misto di razzismo, nazionalismo e imperialismo in un contesto di capitalismo globale: mentre il capitale e i cittadini/e dell’Unione Europea e degli altri paesi del “primo mondo” sono liberi di viaggiare dove vogliono, le/gli altri/e dal lato sbagliato dei confini costruiti artificialmente, i cui paesi sono fatti a pezzi dai privilegi europei e dal capitalismo e dalle conquiste imperialiste, sono illegali, criminalizzati e impediti nell’esercizio dei diritti fondamentali. Loro semplicemente cessano di essere persone; diventano “immigrati illegali”, che si “trattengono troppo a lungo” [overstayers] e “mancati richiedenti asilo” di cui si può fare a meno quando non si ha più bisogno di sfruttare il loro lavoro o quando cercano di rivendicare i propri diritti. Come conseguenza, le lotte comuni e le comunità sono divise e prevale una cultura di sospetto e della sorveglianza.

Quando gli ordini di deportazione sono emanati, fa comodo dimenticare le cause dell’immigrazione. Le armi prodotte in Occidente e i conflitti armati, le guerre di aggressione alla ricerca di petrolio e di altre risorse naturali, i regimi repressivi appoggiati dai nostri democratici governi, i cambiamenti climatici e la sottrazione delle terre… tutto ciò può essere rintracciato all’interno delle nostre economie capitaliste, dello stile di vita consumistico e degli interessi imperialisti. La lotta contro le deportazioni non è solo una singola campagna: le persone scelgono o sono forzate a migrare per varie ragioni.

Per far funzionare il sistema dei voli di deportazione, i governi europei appaltano ad una serie di privati o semi-privati il lavoro sporco che sarebbe toccato a loro. Le compagnie aeree sono un ingranaggio centrale della macchina delle deportazioni. Non solo sono una delle prime cause che contribuiscono alla morte del pianeta, ma molte compagnie aeree, nella loro ricerca di profitto, sono contente di portare persone verso una possibile morte – sia essa una deportazione individuale o di massa. Gli interessi dietro la macchina delle deportazioni includono altri tipi di opportunisti, quali le compagnie che provvedono al trasporto e all’accompagnamento durante le deportazioni forzate e le compagnie di sicurezza delle multinazionali, come Serco e G4S, che gestiscono le prigioni per immigrati/e e portano avanti le deportazioni a nome delle autorità per l’immigrazione.

Inoltre, ci sono agenzie fantasma e inspiegabili, agenzie inter-governativei, come l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne (Frontex) e l’Organizzazione Internazionale per la migrazione (IOM), il cui ruolo è diventato sempre più influente negli ultimi anni e con le quali i governi europei cercano di portare avanti operazioni unitarie e coordinate. Questo non solo per risparmiare soldi, ma anche per mettere le deportazioni in mano a corpi europei e internazionali, che spingono la responsabilità su un altro livello al di là dei governi nazionali e delle autorità per l’immigrazione.

Infine, La Frontex ha recentemente assunto ulteriori poteri per le deportazioni di massa attraverso voli charter a nome dei governi europei, comprando equipaggiamento e sperimentando nuove tecnologie per il controllo dei confini dell’EU. Dopotutto, un super stato, razzista e imperialista, come Fortresse Europe ha bisogno di un esercito mercenario come Frontex per proteggere i propri confini artificiali.

Deportati e deportate, inclusi bambini/e, sono spesso ammanettati e accompagnati dalla sicurezza come criminali pericolosi (l’etichetta “criminale” è usata da chi è al potere). Ci sono stati numerosi segnalazioni di maltrattamenti fisici e abusi razzisti e sessuali, che uomini e donne hanno subito da parte delle guardie per l’immigrazione o degli “accompagnatori” privati durante le deportazioni (sia individuali che di massa). La proposta di avere qualcuno/a che monitori i diritti umani sui voli per le deportazioni, come ha recentemente suggerito un membro della Commissione europea, può impedire alcune di queste pratiche ma può anche legittimare le brutalità della deportazione stessa.

Siamo consapevoli che resistere contro le deportazioni è un percorso continuo e non confinato ad alcuni giorni o a settimane di azioni: le persone cercano di attraversare i confini in condizioni pericolosissime ogni giorno; gli scioperi della fame e le lotte nelle prigioni per immigrati; i/le deportati/e e i passeggeri consapevoli che si rifiutano di sedersi tranquillamente a bordo di un volo che passa inosservato; le comunità che si uniscono per difendere i loro membri; le proteste regolari e azioni contro varie componenti della macchina delle deportazioni… e molto altro ancora deve essere fatto perché milioni di persone continuano ad essere forzatamente deportate ogni giorno.

Questo appello è rivolto a tutti/e coloro, individualità e gruppi in Europa, che vogliano unirsi in una settimana di azioni decentralizzate e coordinate contro la macchina delle deportazioni nella prima settimana di giugno 2010. Questo appello è rivolto a tutti/e i migranti e rifugiati e chi li sostiene dentro e fuori l’Europa. Organizziamoci nelle nostre realtà locali in azioni o proteste durante la settimana con un unico grido:

• STOP ALLE DEPORTAZIONI!

• NO ALLA FORTEZZA EUROPA!

• LIBERTÀ DI MOVIMENTO PER TUTTI  TUTTE!

femminicidio

Femminicidio – Feminicide – Action for women – di B. Atzori, P. Lipari, S. Orlandi, S. Polito

IL FEMMINICIDIO NON È SOLO LA VIOLENZA FISICA CONTRO LE DONNE CHE ARRIVA FINO ALLO STUPRO O ALL’OMICIDIO, MA È TUTTO QUELLO CHE LA SVILISCE E LA OFFENDE, CHE LA SMINUISCE COME PERSONA, CHE ATTENTA ALLA SUA INTEGRITÀ PSICO-FISICA E ALLA SUA LIBERTÀ. IL FEMMINICIDIO È PERPETRATO DA STATO, PATRIARCATO, RELIGIONE.

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trovato su http://femminicidio.blogspot.com/