famiglia o parapiglia?

Per chi sta a Roma o passa da lì vi segnaliamo  dal blog staideforum questa bella iniziativa al CSOA Forte prenestino:
Ti senti più barbie o gioconda?

Sogni la famiglia o combini il parapiglia?

Hai peli dappertutto o solo sulla lingua?

Vuoi una stanza tutta per te o cerchi il cielo in una stanza?

Venerdì 12 marzo – h20

FAMIGLIA <-> PARAPIGLIA

Ci dicono che è tempo di essere madri

e che di famiglia vera ce n’è una

sola. Tu? Sei per la famiglia o vivi il parapiglia?

A stai de forum parliamo di: desiderio di genitorialità, childfreedom,

cohousing, genitorialità diffusa, famiglie parapigliose…

Con reading/performance/proiezioni

A seguire gioca a

“Indovina lo STEREOtipo!”

DjSet Pin*Klò – VjSet

+ OroscoPop + Degustazione 4RUM

a INTHERFERENZE [sala da tè]

csoa FORTE PRENESTINO

via Federico Delpino Centocelle – Roma

sciopero della fame nel cie di via corelli

Riportiamo da Noi non siamo complici l’appello dei detenuti del CIE di Via Corelli di Milano, che dal 3 marzo sono in sciopero della fame. partecipano tutte le sezioni: femminile,  maschile e trans.

Siamo stanchi di non vivere bene. Viviamo come topi. La roba da mangiare fa schifo.

Viviamo come carcerati ma non siamo detenuti.

I tempi di detenzione sono extra lunghi perché 6 mesi peridentificare una persona sono troppi.

Siamo vittime della Bossi Fini.

C’è gente che ha fatto una vita in Italia e che ha figli qua, gente che ha fatto lascuola qui e che è cresciuta qui.

Non è giusto. Non siamo delinquenti.

L’80 per cento di noi ha lavorato anni per la società italiana e si è fatta il culo.

I veri criminali non ci sono qui. Una settimana fa uno di noi ha cercato di suicidarsi.

Poi sono arrivati i poliziotti coi manganelli per picchiarci come criminali o animali.

Siamo stanchi di questa vita. Vogliamo essere liberi come dei gabbiani e volare.

Però sei mesi sono troppi per un’identificazione, qui è peggio, peggio della galera.

La gente uscita dal carcere viene riportata qui altri sei mesi dopo che ha pagato la sua pena, non è giusto.

La gente che ha avuto asilo politico dalla Svizzera o da altri stati in Europa e del mondo qui in Italia non li accettano, non è giusto.

I motivi dello sciopero è che i tempi sono troppo lunghi e abbiamo paura perché due di noi sono morti dopo che sono stati espulsi altri sono pazzi e noi non sappiamo cosa fanno loro dopo l’espulsione, e per andare ti fanno le punture e diventi pazzo, alcuni muoiono.

Entrando qui eravamo tutti sani e poi usciamo che siamo pazzi. Inoltre rimarremo in sciopero fino a che non fanno qualcosa per quelli arrestati di Torino che hanno fatto tante cose per noi e che ora son in carcere.

Come scrive Dante il grande poeta “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”.

Anche nei centri di Ponte Galeria, Bologna e Torino i detenuti si stanno organizzando per iniziare a loro volta lo sciopero.

Altre notizie si possono leggere e ascoltare su radio ondarossa e su macerie

Ida Pfeiffer

IDA PFEIFFER -Austria 1797/1858

Da piccola Ida divora libri di viaggio, gioca scatenata con i suoi fratelli e rifiuta di indossare abiti femminili. Finchè non viene costretta ad un matrimonio di convenienza con un uomo molto più anziano di lei.

Quando i figli diventano adulti decide di riprendersi la sua libertà e, grazie all’eredità della madre, può realizzare il suo desiderio: viaggiare in paesi lontani. Studia i percorsi, legge i resoconti, studia come conservare le piante, impara le lingue straniere.

Tra il 1842 e il 1858, anno della sua morte, Ida intraprende cinque viaggi della durata di alcuni anni. È una donna estremamente coraggiosa e tenace, che non teme strapazzi di sorta. Viaggiando, condivide spesso la vita degli indigeni e usa i loro mezzi di trasporto. I suoi viaggi la portano dappertutto, dall’Islanda all’Estremo oriente al continente americano compiendo più volte il giro del mondo. Si reca, prima donna bianca, nella giungla di Sumatra. Morirà  a Vienna, poco tempo dopo essere rientrata dal suo ultimo viaggio in Madagascar.

Ida ha raccontato le esperienze dei suoi lunghi viaggi in 13 volumi di diari, tradotti in sette lingue.

Lucy Parsons

Lucía Eldine González. USA (1853-1942)

Anarchica, femminista e moglie dell’anarchico Albert Parsons, col cognome del quale sarà conosciuta come Lucy Parsons. Vive fin da subito le discriminazioni di classe, di razza e di genere. Nata in Texas, era una meticcia figlia di una messicana e di un indio Creek , ma vantava anche discendenze nero africane.

Dopo il matrimonio è costretta a fuggire con il marito dalla violenza razzista di chi non sopportava l’esistenza di una coppia mista. Intorno al 1873 i due si trasferiscono a Chicago, lui trova lavoro al Chicago Tribune in qualità di “compositore” . Entrambi sono sindacalmente attivi in un’epoca in cui questo significava essere bollati come sovversivi. Infatti, proprio per questa sua attività, Albert sarà licenziato. È lei allora a mantenere la famiglia (ha due figli) con il suo lavoro di sarta.

Fino all’inizio degli anni 80, la coppia lavora senza sosta all’organizzazione di manifestazioni, comizi e conferenze sindacali, oltre che alla stesura di articoli contro la classe sfruttatrice. Lucy è attivissima all’interno della Unione delle Donne Lavoratrici.

Il 3 maggio 1885 davanti alle fabbriche Mc Cormik si svolge un presidio di lavoratori per impedire azioni di crumiraggio, durante il quale molti oratori-anarchici arringano la folla; al termine dell’iniziativa, alcuni agenti delle “forze dell’ordine” caricano i manifestanti, iniziando a sparare all’impazzata. Il risultato è di quattro morti e centinaia di feriti.

Il giorno seguente, ventimila lavoratori e lavoratrici si ritrovano nuovamente in Haymarket square, il luogo della strage. La polizia carica violentemente i manifestanti. Nella confusione una bomba scoppia in mezzo ad un plotone di poliziotti. In seguito saranno arrestati degli anarchici, tra cui Albert Parsons. Il processo a loro carico termina, tra menzogne e prove artefatte, con la sentenza che condanna sette di loro, compreso il marito di Lucy, all’impiccagione. Sentenza eseguita l’11 novembre 1887.

Lucy continua la sua lotta, scrive articoli per i giornali anarchici, due libri e partecipa alla fondazione degli Industrial Workers of the World nel 1905.

Per 62 anni, tanto è durata la sua attività politica, è stata sempre tenuta attentamente sotto controllo dalla polizia di Chicago, che la considerava una minaccia per il cosiddetto ordine costituito.


frida kahlo

FRIDA KAHLO Messico 1907/1954

L’esistenza di Frida cambia a 19 anni, quando un incidente su un autobus le provoca lesioni al bacino e la frattura delle vertebre. Un corrimano le trafigge la schiena, provocandole una forte emorragia. Durante la sua vita dovrà sottoporsi a trentadue operazioni, portare busti costrittivi, a subire continui stiramenti della colonna vertebrale.

Subito dopo l’incidente, è costretta a mesi di immobilità nel suo letto. Così inizia a dipingere: il suo primo soggetto è il suo piede che riesce ad intravedere dalle lenzuola. La madre le regala un nuovo letto a baldacchino, sopra il quale viene installato uno specchio. All’inizio il “regalo” la sconvolge totalmente, in quanto a causa della posizione supina che deve mantenere è costretta a vedersi dritta in faccia. Da qui il tema dell’autoritratto che l’accompagnerà tutta la vita: “Perchè mi dipingo? Perchè sono il soggetto che conosco meglio”.

In seguito porta i suoi dipinti a Diego Rivera, grande muralista, per avere una sua critica. Rivera rimane colpito dallo stile della giovane artista e la aiuta ad inserirsi nella scena culturale messicana. I due si sposano nel 1929: la loro sarà una storia tempestosa, piena di passione e di tradimenti.

Frida diviene un’attivista del partito comunista messicano, cui si iscrive nel 1928. Successivamente si allontanerà dal partito, dopo l’espulsione di Rivera

Il rapporto ossessivo con il suo corpo martoriato caratterizza uno degli aspetti fondamentali della sua arte: crea visioni del corpo femminile non più distorto da uno sguardo maschile. Allo stesso tempo coglie l’occasione di difendere il suo popolo attraverso gli autoritratti, facendovi confluire quel folclore messicano e quell’autobiografismo utopico che li rende originali rispetto alla canonica pittura di storia.