Come si arresta una femminista a Perugia

da Femminismo a Sud

Condividiamo un comunicato che le compagne di perugia ci hanno inviato sugli arresti a Perugia. Tutta la nostra solidarietà. Buona lettura!

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care compagne tutte vogliamo denunciare un fatto gravissimo che è avvenuto

nella nostra città e che ha coinvolto tra gli altri una nostra compagna

del collettivo femminista sommosse e del gruppo del wendo.

Sabato sera era con altri compagni nel centro storico di Perugia a prendere

un aperitivo prima di partire per un concerto verso Fabriano.

Il gruppo di compagn* stava conversando quamdo si sono avvicinati 7 figuri,

che senza dare nessun segno di identificazione hanno chiesto loro i

documenti. Mikela ha rifiutato di darli, i “poliziotti” erano in borghese e

non mostravano alcun distintivo. Mikela è stata aggredita verbalmente e

fisicamente, è stata spintonata. Un compagno si è frapposto tra lei e un

poliziotto ed è stato immediatamente ammanettato: nel giro di pochi

minuti è nato un parapiglia in cui diversi compagni sono stati picchiati e

tra questi due compagni, Riccardo e Lorenzo, infilati dentro le volanti

prontamente sopraggiunte ed insieme a loro Mikela.

Chi di voi ha conosciuto Mikela, sa che Mikela è un piccola grande

compagna, straordinaria ed appassionata, sempre in prima fila, pronta a

mettersi in gioco e a lavorare con e per gli altri.

Abbiamo costruito insieme il nostro collettivo femminista ed insieme

lavorato sulle battaglie per il reddito, contra la violenza maschile e

contro il securitarismo.

In una città, Perugia, sempre più piena di telecamere e in cui i

controlli o meglio i “rastrellamenti” sono diventati all’ordine del giorno.

Una città che si è trasformata in un carcere all’aperto.

Oggi ci sarà il processo in direttissima, oltraggio,e restistenza

aggravata son i capi di imputazione. Mikela sta facendo la sua tesi sulla

città e la sicurezza da un punto di vista di genere. Abbiamo fatto insieme

una video-ricerca: “Safety or security? Quale genere di sicurezza per la

mia citta?” che proietteremo presto ovunque: abbiamo provato a decostruire

il concetto ideologico di sicurezza che per le donne significa stare tutte

a casa magari a farsi picchiare dal marito.

Mikela ha detto no. Ed insieme a lei, arrestata senza alcun motivo,o per

non essere rimasta a casa nella prigione sua prigione domestica, Noi

diciamo no. Non resteremo a casa e non ci faremo intimorire: dall’avanzata

delle destre, dalla gestione securitaria della crisi economica, dal

razzismo, dal sessismo.

Noi non abbiamo paura!

Sommosse Perugia

ps: vi preghiamo di fare girare questo comunicato. Grazie

comunicato del comitato diritti prostitute per Joy

Postiamo questo comunicato del comitato per i diritti civile delle prostitute:

Joy che, come tante altre donne rinchiuse nei lager per migranti, avrebbe diritto ad un permesso di soggiorno come vittima di tratta, è ingabbiata nel circuito Cie-carcere-Cie dal 26 giugno 2009. Quel giorno, infatti,venne fermata per un controllo mentre andava al supermercato. Sprovvista di documenti, venne trattenuta per tre giorni in caserma e poi portata al Cie milanese di via Corelli, il 29 giugno.

Al CIE ha subito un tentativo di stupro da parte di un ispettore di polizia e ha avuto il coraggio di denunciarlo. Joy insieme a Helen, Florence, Debbie, Priscilla e altre sono state picchiate, arrestate e processate, trattenute in carcere per sei mesi per essersi ribellate e aver protestato durante una rivolta al CIE di Corelli a Milano.Rilasciate dal carcere sono state trasferite nuovamente nei CIE, Joy 10 mesi passati tra Cie e carceri.

Ora la prospettiva di passarne così ancora almeno altri due, oggi la questura ha confermato il suo trattenimento nel CIE di Modena.

Joy è una delle tante vittime della tratta e di spietati trafficanti che girano liberi (loro si) nel nostro Paese. Ricordiamo che costoro hanno già ucciso tre familiari di Joy – il padre, un fratello e la sorella – per costringerla a tornare sulla strada.

La storia di Joy e di altre donne e trans che hanno subito abusi nel CIE di Milano ci dimostra come gli apparati repressivi e di controllo dello Stato esigano soprattutto che i ricatti sessuali che ogni donna e trans subisce dentro i Cie rimangano taciuti. Stanno cercando di obbligarle al silenzio. Rivolgiamo questo pubblico appello al presidente della Commissione Diritti Umani del Senato  Se. Marcello Pera affinché prenda conoscenza di quanto sta accadendo nei CIE in relazione alle violenze sulle donne e transessuali.Se non verranno prese iniziative dal nostro Governo per proteggere le vittime di trafficking che sono recluse faremo un rapporto urgente al Human Rights Council delle Nazioni Unite Chiediamo alla stampa di affrontare questo caso che è emblematico della situazione di violenza in cui vivono tante donne migranti in Italia e dentro i CIE. La violenza istituzionale sulla loro pelle non deve passare inosservata , i prossimi giorni ci sarà una mobilitazione per Joy

Pia Covre Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute

un’ordinaria storia italiana

da Repubblica di oggi, cronaca di Milano:

Affittava casa a trans irregolari

Sospeso ispettore della questura

Il poliziotto in servizio a Milano è stato indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E’ stato anche denunciato per molestie telefoniche a sfondo sessuale ad una brasiliana mentre era al Cie di via Corelli

Affittava in nero un appartamento ad alcuni trans immigrati clandestini, per questo motivo è stato sospeso dal servizio un ispettore della polizia in forza alla questura di milano. Il provvedimento è stato adottato d’ufficio, perché il poliziotto, 45 anni, è indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Lo fa sapere la stessa questura del capoluogo lombardo.

Secondo le indagini, l’ispettore dall’estate scorsa avrebbe ospitato in un appartamento lasciatogli in uso da una sua amica dominicana, alcuni cittadini stranieri, transessuali che si prostituivano, ben sapendo che si trattava di irregolari e percependo il canone d’affitto. Quando gli agenti del commissariato, nei giorni scorsi, hanno controllato il piccolo appartamento hanno trovato un 30enne transessuale irregolare in italia che avrebbe confermato il tutto.

Non solo. Lo stesso poliziotto è stato denunciato a fine marzo 2010 per molestie telefoniche a sfondo sessuale da una brasiliana di 30 anni all’epoca dei fatti nel Cie di via Corelli, sempre a Milano, dove il 45enne avrebbe prestato occasionalmente servizio. La donna ha spiegato che l’ispettore al telefono diceva frasi oscene e le faceva delle avance molto esplicite.

E Macerie ci racconta che Paola, la trans che lo ha denunciato pubblicamente, è stata prelevata dalla polizia stamattina nel Cie di via Corelli.  Non si sa dove sia, non è stato possibile rintracciarla,  non risponde più al telefono. Sempre su Macerie è possibile ascoltare una intervista a Paola di qualche giorno fa.

E mentre il silenzio su ciò che accade dentro i CIE si sta rompendo continua la mobilitazione  contro la deportazione di Joy. Il calendario delle iniziative in continuo aggiornamento su noinonsiamocompici:

* Sabato 10 Bari: presidio e concerto sotto le mura del Cie Bari-Palese in solidarietà ai migranti reclusi, in viale europa dalle 16 alle 22

* Sabato 10 Modena: presidio informativo sulla situazione di Joy, contro i Cie, le deportazioni e il “pacchetto sicurezza”, in piazza della Torre dalle 16.00, altro presidio sempre in una piazza centrale di Modena a sostegno di Joy, contro Cie e deportazioni,successivamente è previsto uno spostamento sotto al Cie di Modena per un saluto ai detenuti e alle detenute.

* Lunedì 12 Bologna: presidio informativo sulla situazione di Joy, contro i Cie, le deportazioni e il “pacchetto sicurezza”, sotto le due Torri dalle 18

* Martedi 13 Udine: presidio informativo dalle 17.30 alle 19.00 in Piazzetta Belloni, organizzato dal Centro sociale anarchico di Udine in esilio.

* Lunedì 12 Palermo: presidio informativo in via Cavour (nei pressi della Feltrinelli) alle 17.30

* Domenica 18 Cesena: serata antirazzista contro i Centri di Identificazione ed Espulsione, abominio dello Stato democratico, ore 21 allo spazio libertario Sole & Baleno, subb. valzania 27

mamma Jones

MAMMA JONES (1830-1930)

Mother Jones, soprannome dell’irlandese Mary Harris Jones, ebbe una vita lunghissima, consacrata, a partire dalla mezza età fino ai novant’anni, alle lotte del proletariato e al sostegno dell’ideologia socialista.

Nel 1867, quando le morirono sia il marito che i quattro figli per un’epidemia di febbre gialla si trasferì a Chicago, aprendo con una socia una sartoria. Lavorando per la ricca clientela di Chicago, poté notare «il lusso e la stravaganza della loro vita. Spesso cucendo nelle case dei signori e baroni che vivevano nella magnificenza della Lake Shore Drive, potevo vedere dai vetri delle loro finestre i poveri, disoccupati e affamati, camminare rabbrividendo dal freddo sul lungolago congelato. Il contrasto della loro condizione con le comodità godute della gente per la quale cucivo, mi era molto doloroso».

Negli Stati Uniti era l’epoca, immediatamente successiva alla fine della Guerra civile, della formazione dei grandi complessi industriali a carattere monopolistico di fronte ai quali s’inchinava anche il potere politico: «Di pari passo con la crescita delle fabbriche e l’espansione delle ferrovie, con l’accumulazione del capitale e la crescita delle banche, venne la legislazione contro i lavoratori. Vennero gli scioperi. Venne la violenza. Venne la convinzione nei cuori e nelle menti dei lavoratori che le leggi sono fatte a favore degli industriali»

Dal 1880 in poi la Jones si dedicò completamente alla lotta sindacale. La grande immigrazione dall’Europa aveva creato nelle maggiori città americane affollate baraccopoli dove, in mancanza di una legislazione sociale, i datori di lavoro offrivano bassi salari in cambio di un lungo impiego dalla forza lavoro degli emigrati, che erano costretti ad accettare per sopravvivere: in questo modo anche i lavoratori americani vedevano diminuire le loro retribuzioni. Proteste, scioperi, richieste della giornata lavorativa di otto ore erano represse dalla polizia, mentre il «Chicago Tribune», l’organo degli industriali, consigliava ironicamente di avvelenare, come fossero parassiti, i disoccupati che si trascinavano nelle periferie industriali.

Mamma Jones organizzò scioperi e manifestazioni di operaie e di figli di lavoratori in lotta nelle più diverse località degli Stati Uniti: nel 1902 il procuratore della Virginia la fece arrestare con l’accusa di organizzazione di pubbliche riunioni di minatori in sciopero, qualificandola come «la donna più pericolosa d’America».

Partecipò nel 1905 alla fondazione dell’Industrial Workers of the World e aderì al Partito Socialista d’America. Proprio gli IWW, o wobblies, segnarono l’identità di questa donna anticonformista, che la morale corrente avrebbe voluto condannata all’uncinetto o alla cura dei nipoti. Gli wobblies furono gli unici, nella loro epoca, a farsi carico di un proletariato precario, mobile, multirazziale, in continuo cambiamento. Il loro declino sopravvenne con la prima guerra mondiale. Ostili a una partecipazione americana al conflitto, e fedeli all’idea che un lavoratore non debba mai sparare su un altro lavoratore, divennero bersaglio di campagne d’odio sempre più veementi. I loro dirigenti, additati dalla stampa come alleati del nemico, furono imprigionati, linciati, condannati a morte o a lunghe detenzioni.

Mamma Jones vide tutto ciò in cui credeva fatto a pezzi, e il riaffacciarsi di forme schiavistiche di lavoro, sotto il pretesto dello “sforzo bellico” e della conseguente indispensabile “unità nazionale”.

Sfidò tutti gli stereotipi del suo tempo, dal ruolo della donna a quello, parallelo ma ancora più costrittivo, della donna anziana. Un giudice la chiamò “nonna” per irriderla e compatirla. Lei accolse l’appellativo con orgoglio: era “nonna”, sì, ma niente affatto pacificata.

Continuò a lottare e ad essere perseguita per tutta la vita dalla magistratura americana per «sedizione».

femminicidio

Femminicidio – Feminicide – Action for women – di B. Atzori, P. Lipari, S. Orlandi, S. Polito

IL FEMMINICIDIO NON È SOLO LA VIOLENZA FISICA CONTRO LE DONNE CHE ARRIVA FINO ALLO STUPRO O ALL’OMICIDIO, MA È TUTTO QUELLO CHE LA SVILISCE E LA OFFENDE, CHE LA SMINUISCE COME PERSONA, CHE ATTENTA ALLA SUA INTEGRITÀ PSICO-FISICA E ALLA SUA LIBERTÀ. IL FEMMINICIDIO È PERPETRATO DA STATO, PATRIARCATO, RELIGIONE.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=05LY_WnYSiI&feature=player_embedded#[/youtube]

trovato su http://femminicidio.blogspot.com/