Guardando la rassegna stampa di Rainews24 ieri mattina presto mi sono imbattuta nelle prime tre pagine di Libero, tutte dedicate alla Bonino. Premetto che so bene cosa c’è da aspettarsi da Libero e che non ho simpatia nè per la Bonino, nè per i radicali nè per parecchie delle loro posizioni attuali. Ma quando è troppo è troppo.
Titolone in prima pagina: “Gli scheletri della Bonino”. Alias: “Il caso di Emma l’abortista”.
E in seconda: “Gli scheletri presentano il conto a Emma Bonino: negli anni ’70 la Bonino praticava aborti illegali…” e una foto della stessa che procura un’aborto ad una donna distesa.
Poco sotto altro titolo in neretto: “Una pompa da biciclette per abortire”
Non mi sono andata a leggere tutto l’articolo (non comprerei mai quel giornale e nel sito se non ti iscrivi ti sbattono fuori dopo due secondi) ma l’effetto che ne viene fuori alla prima occhiata è la figura di una mammana che procura aborti con strumenti strani e pericolosi, tipo i famigerati ferri da calza molto in uso prima della 194, magari per lucro. La realtà è del tutto diversa.
Chi non sa niente su questo argomento si domanderà: a cosa mai sarà servita una pompa da bicicletta?
Veniva infilata nell’utero della malcapitata?
E poi magari si iniziava a pompare a più non posso gonfiandole la pancia come un pallone?
C’ero in quegli anni, prima della depenalizzazione dell’aborto in Italia: mammane e ferri da calza, col rischio di emorragie, sterilità, morte; infusi di prezzemolo e di ruta; i “cucchiai d’oro”, cioè quei fior di primari che in pubblico erano ferocemente anti-abortisti e in privato si facevano pagare milioni per un aborto nelle loro cliniche o nei loro studi lussuosi (saranno mica gli obiettori di oggi?); soldi da sborsare e rischio di galera.
Sono cose che ho vissuto in prima persona. Negli anni ’70 la Bonino coordinava il Cisa, il Centro informazioni per la sterilizzazione e l’aborto. Negli anni ’70 c’era un fortissimo movimento femminista. In quegli anni vennne pubblicato “Noi e il nostro corpo” un libro che raccoglieva le elaborazioni di un collettivo studentesco della Università di Boston, pubblicato nel ’68 negli Stati Uniti, poi tradotto in 20 lingue diverse. Una bomba esplosa intorno al tema della sessualità femminile, tutta da scoprire, tutta da inventare, tutta da rivendicare. Femministe e radicali (la Bonino inclusa) lottavano per l’aborto libero e gratuito, c’erano grandi manifestazioni, gruppi di autocoscienza che si interrogavano su sessualità, maternità, aborto, c’erano pratiche illegali (perchè sempre per lottare contro leggi ingiuste è necessario disobbedire), gruppi che, con l’aiuto di ostetriche e ginecologhe e ginecologi avevano iniziato ad aiutare se stesse e le altre donne e a praticare aborti gratuiti, chiaramente in modo clandestino ma rivendicandolo pubblicamente, nascevano i primi consultori autogestiti per diffondere la conoscenza e l’uso degli anticoncezionali (sempre in quegli anni, nel 1975, saranno istituiti i consultori pubblici). A Roma, Firenze, Padova, Milano, in tante altre città e paesi, gruppi di donne avevano imparato il Karman, un metodo semplice e quasi indolore per effettuare un aborto entro le prime 8 settimane: invece del raschiamento una semplice aspirazione, lo stesso metodo che viene usato oggi negli ospedali.
Alla famigerata POMPA DA BICICLETTA veniva invertita la valvola, che invece di soffiare aspirava, e ad essa si collegavano cannulle ginecologiche e sterili che venivano introdotte nell’utero per procurare l’aborto.
Da queste lotte e da queste pratiche nasce la legge 194 che depenalizza l’aborto e regolamenta l’interruzione di gravidanza: la legge fu approvata, pur con mille mediazioni nel maggio del 1978.
Nel 1981 si cercò di abrogare la nuova legge con un referendum. Ed ecco i numeri: Elettori: 43.154.682; astenuti: 8.884.482 (20,6%); votanti: 34.720.200 (79,4%); “Sì” all’abrogazione: 3.588.995 (11,6%). Quasi il 90% degli italiani decise a favore della legislazione sull’aborto, la 194, che è in vigore ancora oggi.
Anche se in grave pericolo. Sta ancora a noi difenderla.