MAMMA JONES (1830-1930)
Mother Jones, soprannome dell’irlandese Mary Harris Jones, ebbe una vita lunghissima, consacrata, a partire dalla mezza età fino ai novant’anni, alle lotte del proletariato e al sostegno dell’ideologia socialista.
Nel 1867, quando le morirono sia il marito che i quattro figli per un’epidemia di febbre gialla si trasferì a Chicago, aprendo con una socia una sartoria. Lavorando per la ricca clientela di Chicago, poté notare «il lusso e la stravaganza della loro vita. Spesso cucendo nelle case dei signori e baroni che vivevano nella magnificenza della Lake Shore Drive, potevo vedere dai vetri delle loro finestre i poveri, disoccupati e affamati, camminare rabbrividendo dal freddo sul lungolago congelato. Il contrasto della loro condizione con le comodità godute della gente per la quale cucivo, mi era molto doloroso».
Negli Stati Uniti era l’epoca, immediatamente successiva alla fine della Guerra civile, della formazione dei grandi complessi industriali a carattere monopolistico di fronte ai quali s’inchinava anche il potere politico: «Di pari passo con la crescita delle fabbriche e l’espansione delle ferrovie, con l’accumulazione del capitale e la crescita delle banche, venne la legislazione contro i lavoratori. Vennero gli scioperi. Venne la violenza. Venne la convinzione nei cuori e nelle menti dei lavoratori che le leggi sono fatte a favore degli industriali»
Dal 1880 in poi la Jones si dedicò completamente alla lotta sindacale. La grande immigrazione dall’Europa aveva creato nelle maggiori città americane affollate baraccopoli dove, in mancanza di una legislazione sociale, i datori di lavoro offrivano bassi salari in cambio di un lungo impiego dalla forza lavoro degli emigrati, che erano costretti ad accettare per sopravvivere: in questo modo anche i lavoratori americani vedevano diminuire le loro retribuzioni. Proteste, scioperi, richieste della giornata lavorativa di otto ore erano represse dalla polizia, mentre il «Chicago Tribune», l’organo degli industriali, consigliava ironicamente di avvelenare, come fossero parassiti, i disoccupati che si trascinavano nelle periferie industriali.
Mamma Jones organizzò scioperi e manifestazioni di operaie e di figli di lavoratori in lotta nelle più diverse località degli Stati Uniti: nel 1902 il procuratore della Virginia la fece arrestare con l’accusa di organizzazione di pubbliche riunioni di minatori in sciopero, qualificandola come «la donna più pericolosa d’America».
Partecipò nel 1905 alla fondazione dell’Industrial Workers of the World e aderì al Partito Socialista d’America. Proprio gli IWW, o wobblies, segnarono l’identità di questa donna anticonformista, che la morale corrente avrebbe voluto condannata all’uncinetto o alla cura dei nipoti. Gli wobblies furono gli unici, nella loro epoca, a farsi carico di un proletariato precario, mobile, multirazziale, in continuo cambiamento. Il loro declino sopravvenne con la prima guerra mondiale. Ostili a una partecipazione americana al conflitto, e fedeli all’idea che un lavoratore non debba mai sparare su un altro lavoratore, divennero bersaglio di campagne d’odio sempre più veementi. I loro dirigenti, additati dalla stampa come alleati del nemico, furono imprigionati, linciati, condannati a morte o a lunghe detenzioni.
Mamma Jones vide tutto ciò in cui credeva fatto a pezzi, e il riaffacciarsi di forme schiavistiche di lavoro, sotto il pretesto dello “sforzo bellico” e della conseguente indispensabile “unità nazionale”.
Sfidò tutti gli stereotipi del suo tempo, dal ruolo della donna a quello, parallelo ma ancora più costrittivo, della donna anziana. Un giudice la chiamò “nonna” per irriderla e compatirla. Lei accolse l’appellativo con orgoglio: era “nonna”, sì, ma niente affatto pacificata.
Continuò a lottare e ad essere perseguita per tutta la vita dalla magistratura americana per «sedizione».